Chau Doc è un paese di frontiera, un posto di passaggio. A
pochi kilometri c’è la frontiera tra la Cambogia e il Vietnam e li accanto passa il
Mekong.
Per presentarsi, il fiume, ti fa capire immediatamente il significato più vero della parola umidità.
Per presentarsi, il fiume, ti fa capire immediatamente il significato più vero della parola umidità.
Quasi tutto quello che succede in città riguarda due cose:
la frontiera e il fiume.
Per la frontiera ero appena passato così mi sono deciso a
dare un’occhiata al fiume.
Prima di arrivare sulle sponde del Mekong passo per un
mercato locale, non voglio dilungarmi troppo così vi metto un paio di immagini
che forse potranno dirvi qualcosa di quel posto.
Superato il mercato cerco di procurarmi una barca. Chiedo in
giro e trovo un tizio che mi presenta suo cugino (o qualcosa del genere) che
accetta di darmi un passaggio lungo il delta per qualche dollaro.
In sostanza il delta del Mekong è una città galleggiante. Tutti
quelli che non possono pagare le tasse sulla proprietà della terra si riversano
qui, per vivere sull’acqua. Ci sono due modi di vivere, o su una palafitta o su
una barca. Una barca di un paio di metri è la casa per una famiglia di quattro
persone o giù di lì. Le palafitte più grandi ospitano fino a cinque o sei
famiglie.
Per questa gente il fiume è tutto. Fornisce il cibo, è la
strada su cui ci si avvia per andare a scuola e anche il posto in cui si
finisce affogati durante la stagione delle piogge, quando il livello dell’acqua
può crescere anche di due metri.
La mia guida improvvisata mi spiega come trent’anni fa,
durante la guerra, una parte della città galleggiante sprofondò letteralmente
nel fiume durante la stagione delle piogge, sotto il peso dei migliaia di
profughi Cambogiani che si erano rifugiati sulle palafitte.
Mentre mi guardo intorno incuriosito mi capita di imbattermi
in questa scena…
Sono pescatori, mi spiega il pescatore che mi sta
accompagnando. Lui pesca con la sua barca, loro con l’elettricità. Quel coso
che vedete sulla schiena del ragazzo è un generatore elettrico da centoottanta
volt. I fili sono intrecciati sui bastoni che tiene in mano, quando vede un
pesce li cala in acqua e il pesce muore folgorato. Non mi sembra una grande
idea, faccio notare io. In effetti ogni tanto qualcuno ne muore folgorato. La
mia guida ha una barca, ma che ci vuoi fare, se una barca non ce l’hai ti devi
adattare. Non succede spesso, di morire folgorati col generatore, come non
succede spesso che una parte della città galleggiante sprofondi nel fiume,
durante la stagione delle piogge.
E così penso, che in alcuni posti “non spesso” è già
qualcosa. "Non spesso" sul delta del Mekong è quasi abbastanza.
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