28 gennaio 2012

Slide 3 - Fuori dalla storia.

C’è una leggenda nella tradizione mitologica gnostica a cui sono particolarmente legato.
Pare che nella battaglia tra l’arcangelo Michele e il diavolo, le schiere degli angeli scesero in campo, chi combattendo a fianco dell’uno, chi dell’altro. Dopo la sconfitta di Lucifero, i suoi angeli furono sprofondati all’inferno, mentre le schiere di Michele ascesero con lui in paradiso.
Qui sorse un problema: c’erano stati degli angeli, chi per pigrizia, chi per paura, chi perché di cuor gentile, che non avevano partecipato alla battaglia. Non erano scesi in campo, né per l’uno, né per l’altro. Erano rimasti a guardare.
Pare però, che esitare che non sia permesso “colà dove si puote”, così questi imboscati della guerra celeste furono scagliati nel mondo e condannati ad essere uomini. Il contrappasso è servito!

La storia inizia così, con una condanna. La condanna ad agire. Se fare il primo passo nella storia è il peccato originale dell’umanità, la fonte del male e della sofferenza, chi ci ha obbligati a farlo? Pare che qui ricadiamo nel caso in cui ci tocca di “più non dimandare”.

Queste considerazioni sono così presenti nella mia esperienza che a poco a poco sono scivolate nello scontato. Eppure può succedere che, prendendo un aereo, le considerazioni scontate non facciano in tempo a rincorrerci per via della velocità di crociera e tutto ad un tratto ci ritroviamo a doverne fare a meno.


Ora vi chiederete, chi sono questi due nella foto? Sono due angeli, condannati come tutti a cadere nella storia, con la non trascurabile differenza, che quando sono arrivati nel mondo la porta della storia era già chiusa e si sono trovati sull’uscio, un po’ spaesati e un po’ interdetti.
Non te ne accorgi subito. A prima vista sembrano angeli caduti come gli altri, l’unica differenza è il passaporto. Però poi ci parli un po’ e la loro sconcertante ingenuità ti colpisce come un pensiero che non hai mai preso in considerazione.
Capita che mentre mangi un gelato si avvicina un troncone di uomo, striscia su due moncherini che chissà dove ha lasciato le gambe e doveva pesargli pure un braccio, o magari poteva cavarsela anche solo con uno: aiutatemi, ho fame!
E’ in queste occasioni che, anche senza guardare il passaporto, ti accorgi di quanto siano differenti gli angeli rimasti fuori dalla porta, rispetto a quelli che sono caduti proprio in mezzo alla storia.

J: Non è giusto!
V: Cosa?
J: Che noi possiamo mangiare il gelato e quell’uomo è ridotto in quel modo.
V: E’ un gelato terribile, probabilmente il peggiore che abbia mai mangiato nella mia vita.
J: Io non riesco nemmeno a guardarlo, come è possibile ridursi così, come si può vivere così?
V: E’ la guerra. Alcuni muoiono e ad altri va peggio.
J: Non si dovrebbero mai fare le guerre.
V: Davvero?
J: Si, sono terribili! Io sono un insegnante e cerco di insegnare ai miei alunni che fare del male agli altri è la cosa peggiore.
V: Si fa del male perché siamo obbligati a scegliere, perché dobbiamo agire, in un modo o nell’altro.
J: Non capisco.
V: Lo so, sei australiana. La storia vi ha chiuso fuori della porta.
J: Possiamo andare via, mi mette a disagio quell’uomo.
V: E’ solo un uomo come gli altri, tira a campare come tutti, gli è solo andata particolarmente male. Non ti fa nulla, al massimo, se te la vedi brutta puoi correre, dubito possa raggiungerti.
J: Sei un imbecille.
V: E’ sempre un piacere…

Aveva ragione eh, sia chiaro, sono un imbecille e non nascondo di averci preso gusto in quella discussione. Il fatto è che mi ero improvvisamente reso conto di quanto mi desse fastidio il privilegio di chi, nella caduta, ha avuto una sorte così fortunata da fermarsi fuori dalla porta della storia. In un certo senso la punizione per quegli angeli non si è mai concretizzata. Fuori dagli eventi, fuori dal dolore, fuori dalle scelte che hanno contribuito ai massacri e alle tribolazioni dei millenni.
Se nasci in Europa la storia di tutti i drammi del tempo te la senti sulle spalle, nasci in Nuova Zelanda e sono un paio di paginette in un manuale delle scuole superiori.
Ma forse è semplicemente che ci piace tanto sentirci eroi tragici. Le leggende alla fine servono solo a compiacerci.

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