23 settembre 2011

About:Blank

Dopo aver appoggiato il ginocchio sul letto, premette con più forza sul mento, mentre teneva ferma, con l’altra mano, la testa, all’altezza della fronte. La bocca si spalancò finché le labbra non si strapparono agli angoli. Ad un tratto udì uno schiocco secco. L’osso cedette. Le guance di sua madre si andavano tingendo di un rosso cupo mentre sentiva il sangue bagnargli le dita.
Guardò i suoi occhi e li trovò vuoti e acquosi, per via del Roipnol che le aveva sciolto nel vino a cena. Era come guardare uno specchio opaco.
Quando si accorse che lei respirava ancora, prese lentamente la lampada d’ottone dal comodino lì a fianco e pensò a come avrebbe potuto finire il lavoro.
La colpì con tutta la forza che aveva mirando alla fronte. La testa affondò nel cuscino assorbendo il colpo e sul cranio si aprì soltanto un piccolo taglio. Posò di nuovo la lampada e tirò il corpo della madre verso di sé in modo che la testa potesse poggiare sul comodino di noce. Colpì di nuovo con la lampada e questa volta l’osso occipitale andò in frantumi. Il rumore rimase per un attimo sospeso nell’aria e poi fu cancellato dall’eco dei colpi che seguirono.

Si accorse del sangue caldo che gli stava colando sul petto depilato quando ormai il cranio della madre era poco più che una poltiglia di ossa e carne sfilacciata. Andò allo specchio e non riuscì a vederci dentro proprio nulla. Decise di fare la doccia e mentre entrava in bagno si girò per dare un’occhiata al salotto.
The Sleeper era lì, seduto sul divano, con lo sguardo perso nel vuoto. Dalla tv, che Nico non poteva vedere, proveniva la telecronaca di una qualche partita di calcio.
L’acqua lavò via in fretta il sangue dalla sua pelle. Nico lo vedeva scorrere nello scarico della doccia e respirava lentamente. Lavò accuratamente i capelli, poi prese l’asciugamano appeso al solito posto e uscì dalla vasca. Mentre si asciugava si guardò allo specchio ma l’acqua calda lo aveva appannato a tal punto che riusciva appena a distinguere i contorni del suo corpo.
Tagliò le unghie dei piedi e si strappò qualche pelo dalla sopracciglia per definire meglio i contorni. Si lavò i denti scrupolosamente e poi preparò due strisce di coca sullo specchietto che aveva usato poco prima per aggiustarsi le sopracciglia. Tirò prima con una narice, poi con l’altra.

Uscendo dal bagno si diresse verso il salotto tenendo lo sguardo fisso su The Sleeper. Aveva i capelli arruffati e se ne stava in silenzio. Si sentiva soltanto il digrignare ritmato dei suoi denti, mentre in tv, la partita era finita. Ne aveva preso il posto il video di una vecchia canzona degli Eeels. I membri del gruppo galleggiavano nell’aria immersi in uno sfondo metropolitano in bianco e nero…

…Guess whose living here
With the great undead
This paint by numbers life
Is fucking with my head once again…


The sleeper estrasse una sigaretta dalla tasca e la accese senza guardare Nico. In effetti non stava guardando proprio nulla. Lo sguardo spento era perso in qualcosa di opalescente, qualcosa che doveva esistere al di là dello schermo della televisione, dove intanto gli Eels continuavano il loro show…

… Life is good
And I feel great
'cause mother says I was
A great mistake…


Nico tornò in camera sua per vestirsi. Prese i levis freschi di lavanderia e si infilò una camicia chiara di Armani. Scelse con calma le scarpe e finì di prepararsi che il video non era ancora finito…

Novocaine for the soul
You'd better give me something
To fill the hole
Before I sputter out.

Passò di fronte alla porta del salotto. Io esco, buonanotte. The Sleeper non si mosse. La cenere della sua sigaretta cadde a terra e la televisione iniziò a trasmettere una qualche televendita.

In strada c’era Luca ad aspettarlo.
Mio dio, ma che diavolo ti è successo? Ho ucciso mia madre. Dicevo ai capelli, li hai tutti schiacciati, lì, di lato. Stiamo andando al Toqueville se non te ne ricordassi, non al bar dello sport. Dai, fai una cosa, sali in casa e datti una sistemata, io ti aspetto in macchina e intanto mi faccio mezzo grammo. Sbrigati.

Salì le scale e fece girare la chiave nella serratura. Andò dritto in bagno e si lavò di nuovo, con cura, i capelli. Si pettinò con calma. Controllò che la sua pettinatura fosse bella e notò che in effetti lo era. Uscendo dal bagno si accorse che dalla camera della madre già proveniva uno strano odore. Rientrò in bagno e prese una bomboletta di lacca. Tornò in camera della madre e senza accendere la luce spruzzò tutto il contenuto nell’ambiente. L’odore di lacca saturò l’ambiente.
Poteva vedere le minuscole goccioline di lacca danzare tra le strisce di luce che, dai lampioni, si insinuavano tra le fessure delle serrande abbassate della camera. Rimase per qualche istante a fissare queste ballerine improbabili, sospese a mezz’aria, immerse nello sfondo della camera di sua madre.
Lei giaceva sul letto. I pezzi di cranio schizzati sul muro colavano dalla carta da parati. Il comodino era coperto di una poltiglia densa e il letto era macchiato in più punti. Nico guardava, ma non vedeva altro che quelle ballerine sospese. Pensò che erano belle e gli venne voglia di tirare altra coca.
Andò al bagno, prese lo specchio e preparò altre due strisce. Prima una narice, poi l’altra. Passò di fronte alla porta del salotto. The Sleeper non si era mosso. La televisione trasmetteva la pubblicità di uno shampoo al kiwi. Uscì, tirandosi dietro la porta di casa.

L’Audi A3 di Luca era parcheggiata in doppia fila di fronte a casa sua. Luca era dentro e quando Nico si avvicinò al finestrino, non avrebbe saputo dire se Luca stesse piangendo o ridendo. Non avrebbe saputo nemmeno dire se fosse proprio Luca quello che vedeva o semplicemente il suo riflesso sul finestrino. Salì in auto. Luca accese il motore e la sua Audi sfrecciò nella notte milanese.
Nico accese la radio. Billy Corgan cantava…

… My reflection, dirty mirror
There's no connection to myself
I'm your lover, I'm your zero
I'm in the face of your dreams of glass
So save your prayers
For when we're really gonna need'em
Throw out your cares and fly…


Nico vide lo specchietto che aveva usato Luca sul cruscotto. Lo prese e preparò altra coca…

… Wanna go for a ride?

Cos’è sta merda? Boh, roba vecchia. Stasera al Q13 suona Dimitry XTC. Cosa? Stasera al Toque suona Dimitry XTC.

… Emptiness is loneliness, and loneliness is cleanliness
And cleanliness is godliness, and god is empty just like me.

Luca sintonizzò la radio su una stazione che trasmetteva musica house e tirò due strisce. Prima una narice, poi l’altra.

Arrivati in corso Como Luca parcheggiò la sua Audi in doppia fila, proprio di fianco a una Bmw Z3. Il guidatore della BMW era nell’auto, il suo viso era illuminato dallo schermo dello smartphone che stava maneggiando.
Nico e Luca scesero dall’Audi e fecero il giro della BMW. Diedero un’occhiata al proprietario. Sembrava un uomo di mezza età, ma forse era solo il riflesso azzurrognolo dello schermo del cellulare. Luca si avvicinò al finestrino chiuso. Stronzo! Vecchio di merda, che ne dici di portare via questa macchina da magnaccia e lascarci il parcheggio? Dentro l’abitacolo l’uomo non si muoveva e continuava a guardare fisso lo schermo del cellulare. Di tanto in tanto le dita scorrevano e sfioravano lo schermo.
Mi senti vecchio di merda? Sei stronzo o cosa? Luca fece un paio di passi indietro per prendere la rincorsa e colpì con la suola della scarpa di Armani la portiera della BMW. La portiera si piegò. Luca e Nico si guardarono per un istante, poi tornarono a sbirciare l’interno dell’abitacolo della BMW.
Sul volto dell’uomo per un attimo apparse un ombra di terrore, nel momento stesso in cui il telefono gli sfuggì di mano. La luce dello schermo sparì. Luca e Nico iniziarono a colpire la portiera con manate e calci.
Ad un tratto la luce riapparve all’interno dell’abitacolo. Il vetro del finestrino era incrinato e non era più possibile per loro vedere bene il volto dell’uomo. Se avessero dovuto sbilanciarsi sulla sua espressione, avrebbero detto che sembrava rinfrancato e che si stesse calmando. Teneva di nuovo con le mani il suo smartphone e i suoi occhi sembravano persi al di là dello schermo.
Luca appoggiò entrambe le mani sul vetro ormai ridotto a una ragnatela di crepe. Vaffanculo. Sciroccato del cazzo!
Lasciarono lì l’Audi, in doppia fila, e proseguirono a piedi per via Alessio di Toqueville fino al numero 13.


La musica si sentiva dalla strada ma all’entrata non c’era calca e solo un robusto buttafuori li guardava distrattamente, o forse semplicemente stava fissando qualcosa alle loro spalle.
Infilarono la porta d’ingresso e si ritrovarono in pista. Il DJ stava suonando alcuni pezzi di elettronica. Questo posto sta diventando un covo di sfigati. Cosa Luca? Questo posto non vale più un cazzo. Nico si avvicinò alla console del DJ, facendosi largo tra la gente. Cercò di vedere se conoscesse qualcuno tra le persone che stava spintonando e spostando ma tutti i loro volti si somigliavano e non gli dicevano nulla. Gli occhi vaghi e persi di quelle persone gli ricordavano vagamente quelli di sua madre nell’attimo in cui le fracassava la testa. La temperatura era al limite del soffocante, ma la musica era di suo gusto, forse, così iniziò a ballare.

Sentì un corpo di donna che lentamente si stava appoggiando al suo. Si girò. Vide una ragazza giovane e bionda che gli sorrideva. Aveva i denti scuri e lunghi, gli occhi chiari e persi a guardare qualcosa che in linea d’aria doveva trovarsi dietro la sua testa. Ciao, mi chiamo Irene. Come dici? Sono Irene. Mi stavo chiedendo se non avessi magari della coca. Ci facciamo una botta e poi torniamo qui in pista. Sei una troia vomitevole, i tuoi denti sono una visione raccapricciante. Come dici? Dai su, un paio di tiri. Lei sorrise ancora e gli mise le mani sui fianchi tirandolo a sé.
Nico si avvicinò al suo orecchio. Sei una puttana inguardabile. Mi senti? Troia del cazzo. Lei sorrise ancora senza cogliere nulla di quello che le era stato detto. Intanto guardava in uno specchio alla base della console.

A Nico venne voglia di farsi ancora un po’ di coca e la spintonò via. Cercò con lo sguardo Luca ma intorno a lui vide solo una moltitudine di alieni che si dimenavano convulsamente. I loro riflessi nello specchio si confondevano e sembravano tutti sorridere o ridere convulsamente.
Andò dritto al bagno. Aprì la porta. Entrò. La luce forte dei neon lo costrinse a socchiudere gli occhi. Il bagno era deserto e Nico trovò la cosa abbastanza strana. Si preparò due strisce sul pianale del lavandino e arrotolò una banconota. Alzò la testa e vide dallo specchio che la porta del bagno si stava aprendo. Entrò la bionda della pista da ballo, o forse era una che le somigliava. Ciao bello, lo sapevo che eri tu quello che faceva al caso mio. Lei teneva gli occhi fissi sul lavandino, dove c’era la coca preparata. Perché te ne sei andato così? Sparisci. Dai, solo un tiro, poi ce ne torniamo in pista a ballare. Senti, le cose sono due: o ti paghi la tua cazzo di coca o se vuoi la mia mi devi succhiare l’uccello. Merda. Disse lei, cercando di far sembrare un sorriso quello che era un ghigno. Si inginocchiò e fece per sbottonargli i pantaloni. Il suo corpo era ok. Ma quei denti erano veramente orribili. Nico la colpì con un pugno secco in faccia. L’osso del naso andò in pezzi. Lei cadde svenuta all’istante con il volto trasformato in una maschera di sangue. Mentre il sangue le scorreva lentamente lungo il collo fino a sporcare l’abito leggero Nico staccò l’asciugatore dal muro. Posò la banconota arrotolata che teneva in mano sul pianale, accanto alla coca, e colpì di nuovo la ragazza al volto con l’asciugatore. Il suo zigomo rientrò nel cranio e il sangue schizzò sulla camicia e sulle scarpe di Nico.
Lui sollevò di nuovo l’asciugatore. Sentì la porta del bagno aprirsi e vide dallo specchio un omuncolo basso e gracile, con un taglio di capelli orribile, entrare. Che cazzo stai facendo?
L’uomo in un attimo aveva già estratto un distintivo della polizia o qualcosa del genere. Nell’altra mano teneva una beretta calibro nove. Figlio di puttana, metti giù quel coso e allontanati.
Nico gli si scagliò addosso. Un lampo. Un boato. Cadde a terra. Sentiva il sangue scorrergli nell’orecchio e bagnargli i capelli. Sentì i suoi pensieri svanire e non faceva, dopo tutto, molta differenza. Un attimo dopo era già il nulla.

Il poliziotto bestemmiò e infilò la pistola nella fondina guardandosi intorno. Il bagno era deserto. Prese la banconota sul pianale e tiro in fretta la coca già preparata. Prima una narice, poi l’altra. Si guardò allo specchio e vide un volto qualsiasi. La porta del bagno si aprì di nuovo. Luca entrò e scavalco il corpo di Nico. Si lavò le mani e specchiandosi non avrebbe saputo dire se fosse lui quello che stava ridendo o un’altra persona.

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