30 dicembre 2009

L'importante è il viaggio, non la meta.

Ultimo articolo dell'anno.
Domani sarò in viaggio verso la catalogna quindi colgo l'occasione per salutare voi e quest'anno.
Nel farlo oltre a ringraziarvi delle ventimila e più visite ricevute su questo piccolissimo blog, vi auguro di vivere non un anno, ma ogni singolo momento, felicemente. In modo che possiate essere consapevoli e soddisfatti di ogni attimo.

Che il giorno più bello possa sempre essere quello che state vivendo, mai quello passato e mai quello ancora da venire.

23 dicembre 2009

Sotto un unico cielo.

C'era una volta la Antonio Merloni S.p.a. C'è ancora, a dire il vero. Non per molto tempo, mi viene da aggiungere. Non divaghiamo.
C'era una volta un capannone della Merloni S.p.a., un martello alzato, un dito sull'incudine e una scommessa.
-Non sarà matto a colpire davvero?
-Non sarà matto a lasciare il dito fermo?

C'era una volta, qualche anno dopo, sotto lo stesso cielo, un regista cinese di nome Zhāng Yìmóu. Il regista tirò fuori un blockbuster asiatico dal dubbio gusto, risparmiatevelo. Un imperatore sognava di riunire tutte le genti in un solo stato, garantendo pace e prosperità. La sua poesia recitava così: sotto un unico cielo.

Nel frattempo il sogno dell'imperatore era realizzato. Sogno, oddio...incubo.
Sotto lo stesso cielo José Bové "piangeva disperato la sua libertà perduta". Per dirla con parole d'altri.

Sotto lo stesso cielo, per due settimane, a Copenhagen, si sono riuniti i cosiddetti potenti della terra. Gli unici che fino a oggi non sembrano aver capito il sogno dell'imperatore, pur essendo i generali che l'hanno realizzato. Sarà forse che tra loro e quel cielo, l'unico che abbiamo, c'era un capannone da gozziliardi di dollari e una fitta coltre di smog.

Sotto lo smog, sotto al capannone, qualcuno però non c'era. Mancava l'imperatore in persona, Wen Jinbao.
C'era al suo posto un sottosegretario al salcazzo dell'inutile.

E' presente il primo ministro cinese?
No! Disse il salcazzo del sottosegretariato all'inutile.

Allora prese la parola la Merkel, dicendo che anche unilateralmente la Germania si sarebbe impegnata a ridurre le emissioni dell'80% entro il 2050 come negli accordi precedenti era stato stabilito.
No! Ha risposto l'imperatore, via preposta inutile persona del salcazzo.

Manteniamo almeno il tetto massimo del riscaldamento globale a 2° fino al 2020. Già c'era l'accordo.
No! Ha risposto il salcazzo dell'imperatore, ormai sottosegretario all'inutile.

Si è alzato poi il negro. Quello che realizza la fantascienza. -Offro cento milardi di dollari ai paesi in via di sviluppo, e mi impegno a diminuire le emissioni U.S.A. del 17% rispetto al livello del 2005 entro il 2020.
E...indovinate un po' il sottosalcazzo dell'imperatore? Non è difficile vero? No!

Avete capito bene, è stato impedito anche ai singoli paesi, unilateralmente, di inquinare di meno, di sfoltire la coltre tra noi e il cielo. Vi chiederete perché.

La risposta è semplice: siamo ormai tutti sotto un unico cielo, l'incubo dell'imperatore è oggi. E' qui. Adesso.

E di nuovo a correre, e di nuovo a produrre, e di nuovo a testa bassa.
In alto i martelli.
Le dita sull'incudine.

Non saranno matti a non accordarsi?
Non saranno matti a coprire l'unico cielo?

Nel capannone della Antonio Merloni S.p.a. si è sentito improvvisamente un urlo terribile.
Portate l'orecchio alla finestra e guardate quello che resta del cielo. Questa volta non basterà un'ambulanza e una corsa al pronto soccorso.

18 dicembre 2009

Guillermo del Toro, Günter Grass. Pick your point of view.

C'era una volta una nazione, due lampadine, una falena, un bambino, un'offerta rifiutata e una promessa.
C'era una volta una bambina, un mostro dietro una porta e un mostro di fronte a una porta, una prova e tanta paura.
C'era una volta un tamburo, due mazze. La Polonia non era ancora perduta. Che poi ci fosse o no una caduta o meno dalle scale, cosa conta? La Polonia non era ancora perduta.

Cosa fa di una storia una grande storia?

Difficile da dire, probabilmente non sono il più indicato per rispondere.
Di sicuro i due signori di cui sopra hanno risposto come meglio non si poteva.

Il patto narrativo è un contratto. Un accordo tra autore e pubblico liberamente accettato da entrambi. Difficile da ammettere logicamente la necessità di accettare qualcosa di palesemente falso, eppur si muove! Scusate, intendevo: eppure funziona.



Cosa ci spinge a firmare quei contratti? Perché alcuni sono terribili e altri dolcissimi da onorare?

Io. And the song remains the same. Le grandi storie surreali, grottesche, fantastiche, immaginarie sono tali perché ci lasciano scegliere come guardarle. Non c'è vergogna, si prestano, le puoi girare e rigirare. Continuano a sorridere nello stesso modo. O a urlare. O a disperarsi.

Che una gobba spunti guardando le formiche dopo la morte del tuo padre putativo o che sia la febbre causata da un sasso poco cambia. Cosa cambia?
Cambia il nostro punto di vista. Possiamo riscrivere quel foglio prima di metterci sopra il nostro nome. E questo se permettete, fa tutta la differenza del mondo.

Che siano satiri o capitani a popolare i nostri incubi spetta a noi dirlo. La nostra storia è lì, come noi abbiamo deciso di vederla.

Ecco, forse è questo. Le grandi storie si lasciano raccontare come noi le vogliamo.

4 dicembre 2009

Thich Nhat Hanh. Trowin' away.

Nei prossimi giorni sarò fuori città, non avrò possibilità di scrivere. Avevo pensato di lasciarvi un piccolo presente, nel caso vi annoiaste nel frattempo.
E' una lezione di Thich Nhat Hanh tenuta nel 2006 durante un ritiro spirituale.

Non mi dilungo su chi sia quest'uomo, lo avevo già nominato in questo articolo, le informazioni su di lui sono facilmente googlabili, come pure le sue pubblicazioni per chi fosse interessato ad approfondire.

Il filmato è in effetti insolitamente lungo, per i tempi della rete. Un'ora e quaranta minuti.
Sembra un'infinità di tempo. Non così tanto se pensiamo che un metalmeccanico avvita bulloni per seicentomila ore nella sua vita.

Quest'ora e quaranta probabilmente vale più di quelle seicentomila.

Il video è in inglese, ma il terribile inglese del venerabile maestro è davvero comprensibile a tutti.

Ora vi starete chiedendo perché mai dovrei linkare semplicemente un video pubblicato su google video. La risposta è che purtroppo il rumore di fondo della rete spesso copre le perle a favore dei video sul puzzo di cazzo. Una segnalazione può valere la candela se serve a diffondere qualcosa di veramente profondo. Consideratelo un regalo di natale e buona visione.

Per chi fosse ulteriormente interessato faccio presente che il maestro sarà in Italia per guidare un ritiro spirituale a marzo. Potete trovare maggiori informazioni qui.

27 novembre 2009

Le cattedrali nel deserto. Il "miglior sistema" feat. Mr Tremonti.

Per il mio rientro in scena dopo questa pausa avevo pensato di scrivere un articolo citando l'Odio, il film di Kassovitz che ha vinto la palma d'oro nel '95. Francamente però la rabbia è troppa per gli esercizi di stile. Ho abbandonato l'idea e dovrete accontentarvi di qualcosa di più ordinario.

Da due giorni state sentendo i telegiornali blaterale di come una crisi finanziaria in Dubai stia minacciando l'economia globale. Bene. Anzi, "fin qui tutto bene" come direbbe Kassovitz. Cerchiamo prima di tutto di capire di cosa stiamo parlando.

Tutto il mondo oggi si risveglia più povero. Si oggi. Ieri era il giorno del ringraziamento quindi in USA l'impoverimento era in vacanza. Non temete, è tornato puntualmente al lavoro oggi, raggiungendo i suoi colleghi europei che già ieri si erano dati da fare.

Siamo più poveri. Di quanto? Non ha troppa importanza, la rabbia deriva dal perché.

Siamo più poveri. Perché un gruppo di derelitti umani che sono al comando delle principali banche inglesi, quali Lloyds, Barclays, Hsbc, nonché i montanari svizzeri della Credit Suisse (tra gli altri) hanno deciso di prestare i nostri soldi a dei beduini che anziché viaggiare sui cammelli preferiscono giocare a fare gli imperatori nel deserto.

Questi imperatori della demenza ieri hanno detto che "probabilmente" non restituiranno quei soldi.

Si. Avete presente il fatto che, a trentacinque anni con un lavoro fisso, se andate in banca a chiedere un mutuo per la prima casa vi chiedono se vostro padre può firmare per garanzia?
Ecco, ai beduini hanno invece hanno concesso una tale quantità di denaro che solo ad immaginarla si hanno le vertigini. Senza richiedere nessuna garanzia.

Questo denaro è stato utilizzato per costruire piste da sci nel deserto o peggio. Cose come questa.

Prendetevi cinque minuti per guardare questo video.



A vederlo mi sono venuti i brividi. In confronto le pubblicità grottesche dei film futuristici sono meno inquietanti. Se qualcuno di voi trova questo obrobrio ammirevole o anche solo accettabile, prego. Accomodarsi pure. Lo Zyklon B è il rimedio perfetto per la vostra vita.

Non si tratta di altro che follia. Quella vera. Non la libertà del giullare, non la creatività del genio. E' la negazione della ragione.

In questi aborti sono finiti i nostri soldi. A questi malati mentali sono stati affidati.

Presto le banche e i loro comandanti andranno a piangere dai nostri governi, perché gli sceicchi della demenza non restituiranno i loro soldi. Che poi sono i nostri.
Per ripianare le loro perdite, visto che le banche non possono fallire -secondo comandamento del dio sistema occidentale- i governi concederanno loro dei finanziamenti. Indovinate con quali soldi?

Nel frattempo in Italia i giornalisti si rincorrono come satiri nei campi elisi, facendo a gara a chi ribadisce con più forza che l'Italia non sarà toccata dalla crisi. Che noi siamo poco esposti. Che noi, insomma, fin qui tutto bene.

Il nostro ministro del tesoro va in televisione. Rai tre. I comunisti. Santoro.

Affronta il carismaticissimo Bersani. In una gara a non parlare di nulla nel tentativo di dividere per zero. Ovviamente non una parola sulla finanza. Lo spettacolo è così avvincente che presto torno a curare la mia SG ma ad un tratto si rompe il mi basso. Il mi basso non si rompe quasi mai. Deve essere stata l'onda d'urto della boiata di Tremonti.

L'Italia ha il miglior sistema pensionistico europeo! Da quando noi l'abbiamo adeguato inserendo la clausula che l'età pensionabile scala con l'aumento dell'aspettativa di vita media.

E' il momento di alzare un po' il volume. Innocence faded può aspettare qualche minuto.
Parliamoci chiaro, un sistema pensionistico è "migliore" quando ti fa lavorare di meno e o ti da più soldi. Se lavori per più tempo non è "migliore". Ti stanno rubando più vita.

Vi hanno detto che è necessario. Che è normale. Che fin qui tutto bene. Se vivi di più devi lavorare di più.
Ma allora, perché è migliore? Per chi è migliore?

Per lo stato, ovviamente.
Perchè spende meno soldi.
Non fa una piega.
Fin qui tutto bene.

Il sistema migliore a questo punto sarebbe il non pagare affatto le pensioni. Ovviamente la gente tirerebbe fuori quei vermi annidiati nei palazzi romani per le caviglie e regalerebbe loro il giusto trattamento. Quindi no, quello non sarebbe il sistema migliore. Per loro.

Il sistema migliore è quello in cui ci convincono che sia meglio lavorare per più tempo durante la nostra vita. E' quello che ruba più a fondo. Peccato che l'occupazione non compare da un giorno all'altro e per ogni vecchio che rimane a lavorare per qualche anno in più c'è un ventenne disoccupato in giro. Non cambia nulla. Oddio, quasi nulla. Il pensionato lo deve pagare lo stato, il ventenne lo mantiene la famiglia.

Ecco qual'è il sistema migliore, quello che ci sfila i soldi dal portafoglio.
Eh ma lo stato non ha più soldi. Ci è stato detto. Ci è stato fatto credere. E ringraziate iddio, perché fin qui tutto bene.

Per regalare l'Alitalia agli amichetti, i soldi sono stati trovati.
Per far produrre più auto alla Fiat, auto che nessuno vuole comprare, i soldi sono stati trovati.
Per finanziare le operazioni militari in stati lontani migliaia di kilometri, i soldi sono stati trovati.
Per costruire le cattedrali nel deserto, i soldi sono stati trovati.

E il comunista Santoro? -Zitto.

E il superesperto dell'economia di sinistra Bersani? L'uomo la cui visione del sistema economico ricalca quella degli studenti del secondo anno di economia, preparati su libri che trattano teorie e temi del dopoguerra. -Zitto.

Mi chiedo: chi se non il brigatista che piazza una pallottola all'inguine di questi uomini ci può salvare? Ah mi raccomando. Mentre stanno morendo, che non si dimentichi, sorridendo, di spiegare loro come quella sia la soluzione migliore.

4 novembre 2009

L'immaginario del dottor Parnassus.

Se volete andare a vedere questo film non fate come me.
Non andate per passare due ore con gli amici.
Non andate a vedere una favola.
Non prendetevela alla garibaldina.
Non aspettatevi l'inquisizione spagnola.

Anche se non è una vera e propria recensione, in quello che segue ci sono degli spoiler. Se non avete ancora visto il film e volete vedervelo senza sapere nulla, NON proseguite la lettura. Ci risentiamo dopo la vostra visione, in caso.


Se siete ancora qui significa che avete già visto il film oppure che siete troppo curiosi per aspettare.
Nel primo caso probabilmente sarete un po' confusi. Non vi biasimo. E' successo anche a me all'uscita dalla sala.

A giudicare dalle facce dei miei amici e degli altri spettatori siete in ulteriore compagnia.
Il lavoro di Gilliam è contorto, visionario e surreale. E' praticamente impossibile trovarvi un senso immediato, e la sensazione di incompiuto ti si attacca alle gambe. Si esce con gambe pesanti dalla sala, dopo aver visto questo film.

Non mi voglio fermare troppo sulla performance degli attori. Troverete molti giudizi in proposito in rete e il mio sarebbe del tutto superfluo. Mi piace invece ripensare il film. Strappare con voi quella pesantezza alle gambe.

Per qualche giorno, sul forum di NGI, si è parlato di linguaggio. Una certa parte dei miei lettori viene proprio da quel forum quindi colgo l'occasione per salutare con un cenno la platea.

Senza quella platea io avrei ancora qualcosa di pesante da trascinare. Attaccato alle gambe. Dopo il film di Gilliam. Perché il linguaggio è la chiave del film.

Ad essere onesti Gilliam mette subito in chiaro le cose. In un modo che più chiaro non potrebbe essere. Luce.

"Noi raccontiamo una storia eterna. Se ci fermassimo l'universo scomparirebbe."

Quello che sembra un insensato vaneggiamento di un monaco è in realtà la concezione di Gilliam sul linguaggio. Così innocentemente espressa che quasi non la si nota. Occupati come siamo a cercare in chissà quale anfratto della trama un senso.
Il linguaggio condiviso crea la realtà, l'universo, descrivendoli. A nulla serve al diavolo zittire i monaci. Qualcun altro sta già raccontando un'altra storia, l'universo vive in essa. E' il regista a prendere il posto dei monaci zittiti e la platea forma la dualità, la condivisione, necessaria al linguaggio.

Di qui in poi è solo una carneficina. Una carneficina di immagini, di illusioni e di sensazioni che ditruggono le nostre sovrastrutture e i nostri linguaggi, fino a che non rimane solo quello del regista.

La prima vittima è la fisica, la scienza. Uccisa dalla magia surreale dell'immaginario di Parnassus, dalle sue regole improbabili, dalla sua fiabesca assurdità.

La seconda è la logica. Muore nel non rispetto delle regole, nella mancanza del rapporto causa effetto. Nelle promesse e scommesse insensate, mai rispettate, mai riscosse. Mai centrali nel filo narrativo del film. Puro specchio infranto della scena del ballo tra Valentina e Nick.

L'ultimo sacrificio è quello della morale. Sembrerebbe strutturale, eterna diatriba tra il santo Parnassus e il diabolico Mr. Nick a contendersi anime nel corso dei secoli. Lo spettatore si aggrappa a questa corda, unica salvezza in un sogno surreale. Il regista la taglia. Le anime "salvate" da Parnassus sono in realtà truffate da Tony. Mascherato in volto, come nascosta è la sua anima. Mr Nick non è poi così cattivo come lo si dipinge. Il monaco Parnassus accetta di diventare assassino per salvare la figlia che ha già scelto di dannarsi.

E lo spettatore precipita senza appigli, proprio come Parnassus continua a essere intrappolato nel suo immaginario, a rivivere scelte di una morale che ormai agonizza, fino a sputare l'ultimo respiro.
Solo a questo punto, quando Parnassus uccide l'ultima scelta con un senso apparente, quella morale, riemerge l'uomo. L'uomo disperato Parnassus ma anche l'uomo vivo, sua figlia, sposa e madre.

Luci in sala.
Il passo è leggero.

2 novembre 2009

La rete (Slight return)...

Oggi mi stavo sollazzando allegramente con un video dei Tool, Prison sex, quando ho avuto la malaugurata idea di seguire youtube in uno dei suoi voli pindarici.

Il primo video consigliato, per "attinenza", era di una tizia che, a farla breve, spiegava come evitare o sopportare il puzzo del cazzo mentre si succhia il medesimo.
Smetto dopo un paio di minuti, non avendo chissà quale interesse per l'argomento.
-Bella cagata. Mi dico.

-Come farà la gente a perdere tempo con.... COOOSA!?

67397754 visite.

Si, è inutile che proviate a ricontare il numero delle cifre cercando una qualche speranza per la razza umana. Sono proprio più di SESSANTASETTEMILIONI di persone che si sono informate sul puzzo di cazzo che si percepisce mentre si fanno i bocchini!

Quella cifra mostruosa ci ricorda che non solo le nostre amanti, vere o immaginarie che siano, ma anche le nostre sorelle, amiche e madri succhiano cazzi. Al di là di questo, personalmente, mi è ritornato in mente che non avevo trovato nessuna informazione a proposito del filmato di Markram di cui parlo in questo articolo .

Cosa c'entrano le neuroscienze col succhiare cazzi vi starete chiedendo. C'entrano, se si pensa alla struttura di internet. "Se su Google non c'è, allora non esiste", "informati, apri internet!". Queste e molte frasi del genere sono ormai entrate nell'uso comune, ma in realtà, quanta informazione si può trovare nella rete?

In alcune tecniche anestetiche, praticate in sala operatoria, si induce a mezzo di farmaci una sorta di "rumore di fondo" nel cervello. Questo "rumore", di fatto, copre tutti gli impulsi sensoriali e sopisce la nostra stessa consapevolezza.

Tornando a noi, mi sento di dire che in rete vi siano in effetti, più informazioni che in qualsiasi altro "posto" nel mondo, purtroppo sono coperte, volutamente o meno da un fitto strato di merda, di cui questo blog fa sicuramente parte. Da qui, il disprezzo per me stesso (parafrasando il buon Hank Moody).

Quanto ci costa avere a disposizione quelle informazioni?

La rete ha di fatto creato una serie di individui con variegati attributi: "kuelli ke conoscono tutti i processi di Berlusconi", "kuelli ke sono chimici perché hanno imparato su wikipedia la formula del THC", "kuelli ke il latte fa male", "kuelli che...è solo un meme", "kuelli ke i MMORPG sono kome la droga", "kuelli ke...se non sei informato STAI ZITTO!", "kuelli ke per fortuna c'è l'informazione libera sull'internet", "kuelli ke ho scopato una tipa okkey e corro a dirlo a facebook", "kuelli ke LOL che sei XD", "kuelli che...la tua cultura è solo wikipedia", "kuelli ke l'internet non è più quello di una volta"...

Non so voi, ma io sento una gran puzza. No, non è di cazzo, forse è ancora peggio.

25 ottobre 2009

Do what thou Wilt.



Liberamente dedicato a chi stava cercando un senso.

19 ottobre 2009

Scienza e Neuroscienza. Brancolando nel buio...

E' un po' che non ci sentiamo. Ho avuto qualche problema. Ovviamente, non trattandosi di facebook, non ho la minima intenzione di parlarne qui.

Tornando a noi, capita a volte di cambiare idea su qualcosa, poi ricambiarla ancora, per poi...ci siamo capiti immagino.
Il qualcosa in questione è la cosiddetta neuroscienza.

Di come sia arrivato alla mia visione di coscienza ho parlato qui, della mia visione della scienza invece ho detto qualcosa qui. Vorrei ritornare un attimo sul secondo articolo.
Il fatto che Einstein abbia partorito una delle più grandi teorie unificatrici della storia dell'uomo senza uno straccio di esperimento, ha di fatto decretato la fine del metodo scientifico.

Da allora una serie di ricercatori si è sentita in grado e quasi in dovere di spingersi sempre più oltre, nel formulare teorie totalmente antilogiche con la presunzione di essere universali e rivoluzionarie. Questo rinnovato amore nella "scienza" ci ha regalato teorie eccellenti come la quantistica, ma anche una serie di ipotesi fantasiose, la cui "scientificità" è stata rimandata a conferme ipotetiche legate ad esperimenti impossibili allo stato attuale della tecnologia, e probabilmente relegati nel nostro futuro anteriore.

Questa nuova fede cieca nella scienza ha anche fatto sì, che un grande numero di persone creda o abbia creduto che ogni cosa sia spiegabile da un punto di vista scientifico e che i problemi insiti nella verifica delle ipotesi siano solo di ordine "tecnologico", per così dire.

Dal canto mio rimango dell'idea, che per quanto eleganti e interessanti, a fini letterari o filosofici, possano essere le ipotesi dei cosiddetti scienziati "teorici", la scienza rimanga quella confutabile, di Galileo e di Karl Popper. Intendiamoci, ben venga l'azzardo e la lungimiranza del coraggio di osare nuove strade, purché rimanga chiara la differenza tra un'ipotesi e una teoria supportata dall'esperienza.

Questo cappello serve ad introdurre un video, una conferenza di Henry Markram, realizzata per TED (potete trovare il link al sito in basso a sinistra se siete interessati), date un'occhiata, ci risentiamo tra una quindicina di minuti...



Rieccoci qui. Il tizio in questo video, in sostanza, afferma di essere riuscito a replicare una colonna neocorticale di un ratto su di un computer e di poter fare lo stesso per una umana. Una colonna neocorticale è una piccola sezione di cervello, che può essere considerata la sua unità funzionale, per quanto riguarda i processi della mente concettuale. Arrivati a questo punto, afferma che in dieci anni potrà costruire un cervello umano, semplicemente collegando in parallelo una quantità enorme di di computer come quello che simula la singola colonna, sarebbe ancora una volta una mera questione di tecnologia prima che un'altra barriera preclusa alla scienza venga abbattuta, il funzionamento del cervello umano e della sua coscienza.

Io sono stato per qualche anno un riduzionista, sull'onda dell'entusiasmo, per quel genio che non aveva bisogno del metodo scientifico. Poi ho cambiato idea, e ora ecco questo video a segnare un altro punto per Einstein.

L'ipotesi della cosiddetta "IA forte" è ben precedente al progetto Blue Brain di cui Henry Markram riassume i risultati nel video, è stata ispirazione per decine di racconti e film di fantascienza e bersaglio di innumerevoli critiche oltre che di appassionate difese a spada tratta. Oggi sembra che abbia segnato un altro punto a suo favore, un altro punto a favore degli scienziati teorici, grazie al metodo scientifico e allo stesso tempo contro la sua "necessita", considerata sacra per tanti anni e ora più che mai in bilico.

Per chi non avesse confidenza con l'ipotesi dell'IA forte un'introduzione accattivante può essere il racconto di Dennett intitolato "Dove sono". Lo potete scaricare in inglese (pdf) da qui o leggerlo in italiano su questo blog.

Al di là della mera questione, ci rimane ancora il dubbio originale: quel'è il limite della scienza? Esiste questo limite? La conoscenza è solo un problema di tecnologia?

8 ottobre 2009

Latrati.

I cani del re non erano di razza. Erano stati scelti in questo modo, secondo ragione, a tavolino. Tra i randagi, gli ultimi tra gli ultimi della specie, secondo metodo non sciocco e con maniacale cura.
Lasciatemi un attimo discutere sulle ragioni di questi metodi, perchè su di essi si basano i fatti di allora.

Un cane di razza è membro di una stirpe nobile, e questa nobiltà, lungi dall'essere un effimero titolo, si materializza in una certa facilità nell'apprendere le regole del vivere accanto ad un padrone, la si vede nei gesti e nella postura e rimane come uno stemma, attaccato al portamento della bestia. La quale, sempre pronta ad eseguire con destrezza i compiti per i quali viene addestrata, non manca di mostrare quel rigore e quella superbia che suscitano nell'estraneo un senso di ammirazione e di stima, quasi ad elevare il cane a ranghi che non gli sono propri, fino a rasentare lo stato di cristiano, caratteristico nell'ordine delle cose, soltanto di chi può camminare eretto sulle gambe e guardare diritto negli occhi il proprio interlocutore.

Queste bestie il re non avrebbe saputo proprio come adoperarle. Sarebbero uno strumento creato, nell'ordine delle cose, con un fine diverso dai suoi; si ritroverebbe come lo sciocco maniscalco che cerca di perpetuare il proprio mestiere con un cucchiaio da tè.

Lui, il re, invece, abbisognava di tutt'altre bestie. Di quelle che, strisciando nel fango, con il peso della bruttezza e dell'onta familiare, erano avvezze a lottare per sopravvivere ad ogni passo di zampa. Di quelle che, ad incontrale in un vicolo scuro, di notte, si ha il timore che non riconoscano la differenza tra bestia e cristiano e, sovvertendo l'ordine immutabile delle cose, possano perfino ardire a scavalcare quelle differenze e prendere chi è stato creato per essere padrone come preda.

Ne aveva riunite un gran numero, il re, le aveva tirate fuori ancora rabbiose dai loro buchi, dove solevano nascondersi per vergogna o per tender agguati, per poi condurle nel proprio palazzo, facendole ardere nella fame e nella rabbia, ricordando grazie al bastone, quale misera condizione il destino avesse loro riservato.
Ogni tanto gettava in pasto di quegli scarti della natura gli scarti dei suoi pasti, guardandoli contendersi quel misero boccone a suon di grugniti e ansimi, godendo dello spettacolo dal balcone del suo palazzo. A questo, oltre che al bastone, era dovuto l'ascendente che il re si era guadagnato sulle bestie.

Col tempo sua maestà si rese conto che potevano più quelle fiere che i cristiani che lo servivano, così si disfò del suo ciambellano, regalandolo, a brandelli, ai suoi nuovi ciambellani. Spezzettò le sue guardie per nutrire le sue guardie. Smembrò il suo stalliere e i suoi cavalli in modo che i pezzi bastassero per tutti i suoi nuovi vassalli.

Al re bastava presentarsi nei suoi possedimenti con le sue bestie e ogni suddito pagava i dovuti tributi, senza che gli fosse più necessario agitare il bastone, che tanto più del legno erano persuasivi canini acuminati e occhi rabbiosi di fame.

E così durò per molto tempo. Con nessuno tanto audace da opporsi al re, nè tantomeno così pazzo da pensare, anche nella più profonda solitudine e sicurezza, che vi potesse essere qualche alternativa all'ordine naturale delle cose. Che a pensar male, nel buio della notte, si rischia di incappare in una di quelle sue bestie, avide di carne, con i denti di fuori e la bava sgocciante.

A quelli come il sottoscritto, a cui per bizzarra natura e inclinazione d'animo non piacciono i re, non era raro capitasse di dover fuggire a gambe levate sentendo vicino ai calcagni rumore di mascelle che si serravano e spruzzi di bava, correndo a perdifiato fino a trovare un nascondiglio sicuro dietro un uscio o su di un albero, nell'ordine delle cose abbastanza alto, da impedire alle bestie senza il talento dei cristiani di rizzarsi sulle zampe posteriori, di sfamarsi.

Non sempre si trova un albero o un uscio nelle terre del re, inseguito dalle sue bestie. Così un giorno dovetti personalmente saziarne una, che verosimilmente, essendo la più storpia e debole tra tutte, non era riuscita ad accaparrarsi il suo avanzo per quel giorno e per quelli anteriori, con tutto ciò che avanza dal ginocchio fino alla terra.

Badi bene, non che mi dispiaccia per la carne, ne conservo ancora una quantità più che sufficiente per vivere, ma è per via del bastone con cui ora mi devo destreggiare goffamente durante gli spostamenti che mi lagno. Un bastone è una cosa da re, una cosa che non mi si addice, che a incontrarmi di notte, in un vicolo buio, si potrebbe avere il timore o peggio l'impressione che io voglia farne un uso diverso da quello che sono solito.

Non voglio annoiarvi con le mie lagne, passerò piuttosto a descrivere i fatti di quella notte. Quando l'ordine delle cose, pur bizzarramente si ricostruì attraverso fatti insoliti e fascinosi.

Passeggiando col mio bastone che ormai era buio fatto, mi ritrovai quasi senza accorgermene a ridosso del recinto del palazzo del re. Furono i latrati delle sue bestie, per niente assopite a causa della fame e della rabbia, a ricordarmi dove fossi. Mi avvicinai un poco, per vedere se fossi riuscito a scorgere, nel buio, gli occhi di quella bestia in particolare, al nutrimento della quale avevo dedicato una buona e sana parte di me stesso.

Nel vedermi avvicinarsi al suo palazzo il re accorse imprecando col suo bastone.
- Miserabile lebbroso, come ti permetti a presentarti qui nelle mie terre e per di più armato di bastone? Credi di intimidirmi o ancor peggio impietosirmi? -
- A dire il vero, maestà, son capitato qui per caso, che amo passeggiare, avendo avuto la grazia, per opera di una delle sue bestie, di essere alleggerito di quasi tutta una gamba. E sì che si cammina meglio quando non si deve sopportare il peso di due gambe intere. L'unico brutto affare è che mi devo appoggiare a questo bastone, che mi rende sgradito alla vista e minaccioso a chi mi incontra.-
- Ti prendi gioco di me disgraziato? Sei davvero così insolente da credere di poterti beffare di me nelle mie terre, in mezzo alle mie bestie?-
- A dire il vero, maestà, tra me, le sue terre e le sue bestie giacciono venti metri di recinto, e un pesante cancello in bronzo, che non esiterei a definire una valida ragione per non essere spaventato, né dalle vostre bestie né dal vostro bastone. -

Fu allora che il re si precipitò imprecando e agitando il bastone verso il cancello, per distruggere, con la sua chiave, tutto quello che mi proteggeva da bestie e bastoni. Se fu il caso, che a correre nel buio con entrambe le gambe a far da impiccio è pericoloso, o semplicemente l'ordine delle cose, fatto sta che il re inciampò e il bastone staccatosi dalla mano, portata a protezione del volto nella caduta, scivolò oltre il recinto passando sotto le assi.

Quello che seguì è difficile da raccontare, per via dell'eccitazione e del buio che copriva i dettagli e non rendeva giustizia alla grandezza dell'evento.
Per certo durò più di quanto tempo sia necessario ad un cristiano per mangiare un bel pezzo di formaggio, e lo dico per certo, dato che io iniziai a mangiarne un bel tocco ispirato dalla scena e questo finì ben prima del re.

Sono in notti come quelle che vedi come l'ordine delle cose è stato creato, quando la carne si stacca dalle ossa e da altra carne, fino a diventare altra carne ancora, mista a bava. E quando anche il re non ci fù più, come il pezzo di formaggio, rimasero solo i latrati.

5 ottobre 2009

2 ottobre 2009

Libro del Presente -Parte Prima-

La Genesi

Ci crede a stento, di essere di fronte a quella porta. Piediripa di Macerata, a duecento metri dalla Cluentina, di fronte a un casolare che sembra abbandonato da un paio di secoli. Si stringe nel cappotto che fa veramente freddo in ottobre, d'inverno, a duecento metri dalla Cluentina.

Non può piovere per sempre! Tutto ha un inizio e una fine. Che siano cazzate te ne accorgi a Piediripa di Macerata. Lì, l'inverno non è una stagione, è un fatto. Non è mai cominciato, non finirà mai. Ogni anno si prende un mese e mezzo di vacanza per andare chissà dove, dal quindici giugno fino al primo temporale d'agosto. -Vi sono mancato?- E ci si mette la maglia, dopo il primo temporale d'agosto.

Che sia tutto al limite del ridicolo non è una scusa per non bussare a quella porta, ma passa ancora qualche attimo. -Toc, To...-
La porta nasconde un tizio balcanico, che a chiamarlo albanese è razzista, appena appena gobbo, jeans e maglione. Pochi capelli e tanti difetti in viso, che a chiamarli buchi sembra brutto, acne ancestrale probabilmente o qualche malattia balcanica.

- Entri pure signor Eugenio. -
- (Non ci credo) -
- Può darmi il cappotto. -
- (Si come no, che c'ho pure il telefono dentro. Dieci euro per le spese extra?) No grazie, lo tengo. -

Segue un corridoio scialbo, ma caldo, tre poster alle pareti, due sulla destra, l'altro a sinistra. Quei poster con i segni zodiacali e scrittine piccole sparse qui e lì, che nessuno le ha mai lette le scrittine, perchè mentre sfogli i raccoglitori plasticati appena fuori dagli autogrill non vuoi aguzzare lo sguardo, vuoi cercare la locandina di quel film o quel cantante, o quella modella.
Eugenio C. se l'era chiesto un sacco di volte chi potesse voler comprare i poster con i segni zodiacali. Un sacco si fa per dire, una o due, bene che vada. Ora lo sa.
Se li poteva comprare "La maga, sensitiva, lottologa (-Non ci credo-) Gabry". "Riceve a Piediripa di Macerata su appuntamento", diceva l'annuncio.

La stanza sulla destra, alla fine del corridoio, è abbastanza ampia. Sembra più ampia ancora perchè non c'è mobilio, un convettore troppo grande subito a destra della porta, un poster di anatomia (forse?) in fondo, un tavolino largo un metro, due sedie di cui una libera.
Non si può non notare il tavolino entrando in quella stanza. Un piano di truciolato ricoperto in plastica attaccato a quattro spilli di ferro, quadrato. Valore rigorosamente espresso in lire. Che dall'ultima volta che Eugenio C. aveva visto un tavolo del genere erano passati vent'anni, in un baretto sfigato di una frazione spersa nell'inverno maceratese.

-Buonasera signor Eugenio-
- (Non ci credo) Buonasera...ehm...signora Gabry.-
- Si metta comodo, non mordo.- e quello non era un sorriso, era più una fessura scura.

Su una sedia, adesso, c'è Eugenio C. , un tavolo di truciolato ricoperto di pastica lo separa da quella cosa lì, quella che occupa l'altra sedia, mentre il gobbo balcanico richiude la porta, rimanendo fuori dalla stanza.

Uno scheletro. Perfettamente ordinato, con tutte le ossa al loro posto ma pur sempre uno scheletro. Che non tragga in inganno quella pelle troppo larga che gli stava appiccicata sopra e nemmeno quella seconda pelle, improbabile come un vestito stretto e scuro, di un viola coperto di grigio. Alla fine delle maniche, dove c'era solo uno strato di pelle, c'erano perfino delle mani, con tre vistosi anelli di bigiotteria infilati intorno e delle carte, evidentemente troppo larghe, che stavano come incastrate tra le dita. Al di sopra del bavero del vestito c'era la testa. Che fosse di donna lo si intuiva dal rossetto fiammeggiante e dal trucco nero sugli occhi. I capelli, se mai ci fossero stati, erano raccolti sotto un fazzoletto rosso amaranto.

- (Non ci credo, davvero, non può essere che sia venuto fin qui) Signora...io...vede. Non sono mai, ecco, non ho mai chiesto auito a una...come lei. (Dio se sono stupido). -
E riecco la fessura - Stia tranquillo, non sono Vanna Marchi. Non sono una ladra e non sono nemmeno una truffatrice. Io riesco semplicemente a vedere quelo che le persone comuni sono troppo indaffarate per vedere.-
- (Certo come no, ora mi alzo e me ne vado, ora basta!) Senta..."
- Non mi guardi così, dopotutto è lei che ha telefonato. -
- Si lo so. Ed è stato un errore, mi spiace, devo andare. -
- No.
- (Cosa?) ...
- Mi scusi. Volevo dire... lasci che le legga i tarocchi, se poi vuole andarsene, io non vorrò nemmeno i suoi soldi. -
- (Facciamo in fretta, via da questo posto. In fretta.) Va bene signora, ma, onestamente non so nemmeno perchè sono qui. Lo so, ho chiamato io, ma vede... -
- Vuole sapere il passato o il futuro? -
- (Sarà come l'oroscopo, che male ci può essere. Facciamo in fretta.) Il futuro. Il passato ormai è passato. - Abbozza un sorriso Eugenio C.
- E' sicuro di conoscere il suo passato? -
- Si. -

Quanti errori si possono commettere pronunciando una frase di una sola parola, composta da una sola sillaba e due sole lettere?

28 settembre 2009

Follow the leader...oh wait!

L'altro giorno Obama ha pronunciato il suo primo discorso nell'assemblea delle Nazioni Unite. Qualche anno fa avevo visto un film di fantascienza di serie B, c'era un presidente di colore alla casa bianca. Un presidente negro, mi ero detto, se non è fantascienza questa. La gente sbaglia, a volte.

Oggi Fared Zakaria ha paragonato quel discorso a quello pronunciato da Nixon, all'indomani delle elezioni perse nel 1962 in California. Sono saltato sulla sedia, proprio come voi in questo momento, a vedere i nomi di Nixon e Obama nella stessa frase. Devo ammettere che l'intuizione di Zakaria è dannatamente buona, vorrei averla avuta io. Avete presente? Museo nazionale centro dell'arte Reina Sofia, Madrid, sala rossa. Un gruppo di studenti dell'accademia, terzo anno. Rasta in testa. Moleskine in tasca. "Avrei voluto avercela io l'intuizione di questo...questo qui. Questo Guernica."

Nixon fece un passo indietro in quel discorso, disse che non voleva essere più la scusa per tutto quello che di sbagliato succedeva negli USA, che non si sarebbe più fatto prendere a "pesci in faccia". Aveva perso. Ora toccava agli altri occuparsi dei problemi. Poi fece altri cento passi in avanti, passi che lo hanno portato di fronte al tribunale della storia. Non ne è uscito bene, Nixon.
Ma quel passo indietro non era male, era fermo, aveva un senso.

Non so quanti passi in avanti farà il presidente Obama, per ora ne ha fatto uno indietro, come Nixon. Gli USA non si occuperanno più di tutti quei problemi o presunti tali che gli altri stati possono delegare, mantenendo per loro il lusso di poter criticare. E' incredibile che cosa possa seguire un passo indietro. Ad andare avanti, a seguire il leader sono bravi tutti. Ma se il leader si ferma?

In ordine sparso, il freak show mondiale si presenta così:

Putin ha dichiarato che potrebbe appoggiare sanzioni più dure nei confronti dell'Iran in caso rifiuti di fermare il piano nucleare.

La Cina ha firmato l'inasprimento del trattato di non proliferazioni delle armi nucleari. La sceneggiatura è stata acquistata dal produttore di quel film...quello lì col presidente di colore.

Per stasera, ore 02:30 italiane, è previsto l'intervento di Osama Bin LAden al David Letterman Show. Secondo le indiscrezioni sembra che confesserà di sottoporsi a cinque minuti di waterboarding al giorno, perchè si sente in colpa, per quella storia delle torri. Che sarebbe stato meglio tirare gli aerei su qualche grattacielo israeliano, ma che quelli c'hanno il mossad, mica la cia. Quelli non si fanno fregare come i tordi. Ma lui agli ammeregani ci vuole abbene. Che non facciano così ora. Che continuino a dargli la caccia, perchè se lo merita, lui. Per favore! Che il waterboarding giornaliero mica basta come punizione.

E in tutto questo noi che facciamo?

E per noi, intendo noi italiani. Ammesso che si possa parlare di un popolo o di una nazione, in Italia. Perchè parliamoci chiaro, non siamo troppo abituati a prendere le decisioni, non abbiamo una gran storia di democrazia. Voglio dire, abbiamo avuto un re per una cinquantina d'anni, un duce da seguire col passo dell'oca per altri venti, siamo diventati un protettorato a stelle e strisce per altri cinquanta e ora...beh, ora abbiamo questa cosa qui. Fossi il protagonista di Choke la chiamerei "Barzelletta, che non è il termine esatto. Ma è il primo che mi è venuto in mente."

I cani non hanno problemi a seguire i propri padroni, facendo il passo dell'oca o meno. Se addestrati a dovere possono compiere lavori anche impossibili per i loro addestratori. Cercare esplosivi, feriti sotto cataste di lamine, trainare piccole barche a riva e un sacco di altre cose.
Splendide bestie i cani. Purtroppo tendono a non fare niente senza i propri padroni.
Un cane abbandonato in autostrada finisce, nella migliore delle ipotesi, a vagare alla deriva, capace appena a sopravvivere.

Ora il padrone ha lasciato il guinzaglio, e a dire la verità noi non siamo nemmeno questo granchè come cane. Voglio dire, dipendenti da gazprom di sua maestà Putin, costretti a sottostare all'ospite del gerontocomio beduino libico. Secondo partner commerciale dell'Iran dopo Mosca. Non deve essere un gran pedigree agli occhi dell'uomo che ha reso la fantascienza realtà.

E ora? Che diamine sono quelle luci accecanti che si avvicinano?

23 settembre 2009

L'orgasmo perfetto!

Si certo, come no. Magari la prossima volta.

Fregati! Vi vedo eh. Lì, con le palpebre lievemente socchiuse per mettere meglio a fuoco lo schermo. Con le vertebre cervicali ordinate a comporre un arco convesso all'altezza della gola.

Potete rilassarvi ora.

Il sesso fa questo effetto, sempre. Per questo fa audience.
State pur tranquilli, siete in internet, la casa del sesso. Potete trovarne a volontà non appena uscirete da questa pagina.

Su internet potrete trovare anche il film documentario Videocracy, oppure potreste andare a vederlo al cinema, come ho fatto io domenica sera.
Aspettate! Aspettate un attimo prima di cliccare via da qui diretti su youporn; è vero, non parlerò di sesso in questo articolo, ma nemmeno di politica. Possiamo trovare un accordo insomma.

Videocracy non è un documentario sulla politica, anche se ci sono dei riferimenti politici. Non è nemmeno un film sulla libertà di informazione, anche se tratta di non informazione. E' un film su di "noi".

Questo noi sta per "noi italiani", ma anche per "noi uomini", inteso come genere umano.
Tutto il film è un susseguirsi di personaggi da freak show. Dal produttore livido, grassoccio e omosessuale, al presidentissimo di ogni cosa. Dal paparazzo attention whore, palestrato e tatuato, che si fa riprendere nudo, stirandosi il cazzo in modo che nell'inquadratura appaia barzotto ma non eretto, fino alla "meglio gioventù" dell'evoluto e avanzatissimo nord Italia. Il tutto condito da veline, letterine, bocchine, mignottine, culi, tette, imbarazzo, regresso culturale, allegria psichedelica e altro ancora.

Questo carrozzone funziona!
E non intendo il carrozzone delle telecomunicazioni, quello lo vedo che funziona, mi basta accendere la televisione. Dicevo del film. Funziona. La migliore prova scientifica indipendente del fatto che il film colpisca me l'ha fornita la mia inconsapevole assistente, seduta alla mia destra, la signorina F. Generazione Sex and the City.

La signorina F. ha totalizzato nel corso del film almeno una decina di "ehmfh", che non è un vagito, è più un sospiro aspirato, quel disappunto misto a un pizzico di vergogna e rabbia che nella lingua comune si traduce in: "questo che sto vedendo è proprio estraneo al mio schema mentale su come dovrebbe essere la realtà del mio mondo". Ci sono stati addirittura due o tre "appoggio la mano sulla fronte e lascio cadere il palmo a coprirmi parzialmente gli occhi", che nel linguaggio comune si traduce con: "questo è talmente contrario alla mia visione del mondo che non lo voglio nemmeno vedere tanto ne sono imbarazzata".

Ecco il perchè dovreste vedere Videocracy, è come guardarsi in uno specchio rotto. Notare obrobri riflessi in frammenti informi. Inorridire alla loro vista. Deridere, condannare quelle deformità per poi accorgersi che non sono altro che la nostra immagine riflessa.

L'immagine di me, che alle due della notte cerco di far funzionare un "analizer" per il mio blog.
Questo blog non ha nessuno scopo commerciale. Sono talmente pigro da non voler nemmeno pensarne uno, nemmeno dei più semplici. Quelli delle società che ti truffano facendoti esporre i loro banner per poi non pagarti. Quelle società non ti pagano, mai. Ma non importa.

Anche senza alcuno scopo, mi ritrovo a declinare rosari di lodi a tutti i santi per far funzionare quel dannato strumento, che mi permette di sapere in quanti leggono il mio blog. Nello stesso imbarazzante stacchetto delle aspiranti veline, nello stesso umiliante show del sosia di Van Damme ma che balla come Ricky Martin. Nel disperato tentativo di trovare il sè di qualcun'altro che mi faccia esistere.

E più tardi ti accorgi, di essere uno degli attori di Videocracy, e più è peggio. Perchè hai avuto più tempo per criticare, per sbeffeggiare, per inorridire di fronte a quelle immagini. Quelle riflesse nei brandelli di specchio rotto. Più tempo passa, prima di capire, e più profondi sono gli "ehmfh". Più in basso scende la mano a coprire gli occhi.

Intendiamoci, è un attimo, e riguarda solo la mente concettuale. Non serve a nulla coprirsi gli occhi quando si è ciechi . Ma nonostante tutto vale la pena mettersi in condizione di riflettersi su quello specchio. E' come una catarsi. Che val bene i sei euro del biglietto e un paio d'ore del nostro tempo.

19 settembre 2009

Carosello.

Per festeggiare le cinquemila visite ho deciso di rinnovare un po' la grafica.
Probabilmente è qualcosa tra il terribile e il fastidioso.
L'unica novità rilevante è la possibilità di consultare il blog in formato "testuale" con i link in alto a destra, in modo da non appesantire troppo connessioni mobili, cellulari e compagnia bella.

Ovviamente non avevo idea di tutto questo finchè non me lo sono ritrovato nella pagina. Si, il layout che vedete non l'ho creato io, ho solo scroccato il lavoro di un altro. E nemmeno sapevo a che cosa servissero quei link, quelli in alto sulla destra, sotto il motore di ricerca che non funziona. Me lo ha spiegato un amico su msn.

Ah si, dimenticavo, i due motori di ricerca.
Quello in alto a destra non funziona. Non riconosce mai nessun risultato. Potete però scriverci delle bestemmie, se serve a sfogarvi.
Quello a sinistra invece funziona. Male ovviamente. A volte non trova tutti i contenuti del blog, ma temo che sia un side effect del tempo che impiega google a catalogarli, magari a qualcuno potrà servire.

Mi dispiace un po' per la vecchia intestazione, mi piaceva la scritta con l'effetto luminoso e i richiami all'insieme di Mandelbrot ai lati. Magari qualcuno di voi ha le capacità per farne una simile in tema con la nuova grafica e il nuovo layout. In caso vogliate dare una mano potete contattarmi su msn (suckandroll at live.it). Sarete ricompensati a dovere. Come l'autore del layout per intenderci.

Fine del carosello. Ci sentiamo presto.

17 settembre 2009

Diritti.

"Ne ho il diritto!!!"

Quante volte avete letto o sentito questa frase?

A me capita in continuazione. Mentre leggo i giornali, mentre navigo in rete, mentre scambio due parole con gli amici. Ma cos'è un diritto?

Su wikipedia troviamo questo: "l'insieme ed il complesso (in genere sistematico) delle norme che regolano la vita dei membri della comunità di riferimento".

Ovviamente non è a questo che si riferiscono tutti quelli che esclamano la nostra frase.
Vantano piuttosto una qualche caratteristica insita nel nostro essere.

Sono alto un metro e ottanta e ho il diritto alla vita.
Ho gli occhi azzurri e il diritto alla mia libertà personale.
Ho due gambe e il diritto di associazione.

Ne esistono a decine, centinaia, probabilmente le nostre vite sono troppo corte per poterli esercitare tutti. Al lavoro. All'immagine. Alla privacy. Di proprietà. Allo studio. Di religione. Di culto. Di pensiero. Soggettivi assoluti. Soggettivi relativi. Probabilmente anche mezzo soggettivi ablativi, comparativi, mancini, subatomici, sedativi e chissà che cos'altro. Ne inventano ogni giorno di nuovi, l'ultimo arrivato su proposta della senatrice leghista Carolina Lussana è il diritto d'oblio su internet (e non so davvero se ridere o piangere).
Grazie onorevole Lussana, se ne sentiva la mancanza.
Del diritto d'oblio su internet.

Quelli ritenuti fondamentali e inalienabili (e anche qui non so se ridere o piangere), sono raccolti nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. In pratica il più lungo e considerato rotolo di carta da culo che abbia mai trovato un posto nella realtà di questo mondo.

Da cosa derivino i diritti poi, è una diatriba accesa da anni. Tralaltro con interesse pari a quello dell'ultimo cinepanettone dei Vanzina. In due parole:
- ci sono i sostenitori del "diritto naturale", che credono e affermano che i diritti siano "categorie" presenti nelle persone dalla loro nascita, conseguenza naturale della loro esistenza. Hai due occhi, un peso, un dna e una serie di diritti che sono tuoi in quanto esisti.
-ci sono poi i profeti del "diritto positivo". In questo caso i diritti deriverebbero dal fatto che qualcuno ha scritto una norma in proposito. Che è stabilito per legge dagli uomini per così dire.

Non so, onestamente, quale delle due sia la più assurda e risibile. Come si possa pensare che scrivendo qualcosa su un foglio questo si avveri non riesco a spiegarmelo, all'infuori della fantascienza intendo. Come poi possa esistere di fatto, come conseguenza della nostra esistenza mi appare ancora più oscuro.

Voglio dire, quando il Titanic è affondato nel mar glaciale artico, perchè i naufraghi non hanno invocato il loro diritto alla vita? Che diritto aveva l'oceano di congelarli? Dopotutto il diritto alla vita è inalienabile, c'è scritto anche sopra la carta da culo. Ogni volta che in Africa nasce un bambino sieropositivo che morirà di aids nell'anno seguente, dove va a finire il suo diritto alla salute?

Ogni volta che un boia, in una qualche regione del nostro piccolo pianeta, sta per azionare l'interruttore di una sedia elettrica, o di una camera a gas. Ogni volta che un plotone di esecuzione sta per tirare un grilletto. Ogni volta che una ghigliottina sta calando, c'è qualcuno che invoca il diritto alla vita. Associazioni, individui, stati interi, tutti in fila, con la loro carta da culo in mano, come in preda a un attacco di dissenteria collettivo. Perchè per i naufraghi no e per gli assassini si?

Badate bene, io sono contrario alla pena di morte. Vi starete anche chiedendo come possa essere così stupido da paragonare un naufragio e un'esecuzione non è vero?

La differenza tra un'esecuzione e un naufragio esiste finchè esiste "io". Posso dare facilmente qualche ora di libertà alla mia mente concettuale, lasciando che la tartaruga sacra cancelli le mie orme, in quel momento, quando "io" non è niente, in quel momento, un naufragio e un'esecuzione sono la stessa cosa. Sono sicuro che potete farlo anche voi. Guardare un attimo oltre il velo, intendo. Le cose accadono.

Di ritorno dalle gite oltre il velo, la nostra mente concettuale ricompare, ma è sempre un po' più lucida. Possiamo perfino azzardare una definizione di diritto che non sia così ridicola come quelle elencate sopra.

Che cos'è un diritto?

E' una sovrastruttura. Un nome appiccicato a qualcosa che ne aveva già un altro.

Il diritto alla vita altro non è che la pietà empatica che ci impedisce di uccidere i nostri simili. E' il vantaggio evolutivo della strategia "tit for tat". E' l'insieme delle ritorsioni che rischiamo nel caso uccidessimo qualcuno.
Il diritto alla salute è la legittima aspirazione di ogni individuo a essere felice e sano.
Il diritto alla proprietà è la forza con cui proteggiamo le cose di cui abbiamo bisogno.

Si potrebbe andare avanti per ore. Ma immagino che avrete colto il senso.
Non c'è niente di inalienabile nei diritti, non provengono da alcun luogo che non sia la nostra realtà. Cessano di esistere qualora cessino le condizioni che ne permettevano l'esistenza. Nonostante ci sia un rotolo di carta da culo male utilizzato.

12 settembre 2009

La Moratti, Anthony Hopkins e la mia moto.

Mi ero riproposto di non parlare di fatti di cronaca. Se non altro perchè c'è molta gente che ha più risorse e più competenze di me per farlo. Questa è un eccezione, anche se solo per metà. Visto che la notizia è vecchia di quasi due mesi. Per farla breve mi riferisco all'ordinanza, entrata in vigore a Milano il 19 luglio, che vieta la vendita, il consumo, la cessione e l'acquisto di alcolici per i minori di sedici anni. L'intenzione della Moratti, secondo le sue dichiarazioni, è quella di proteggere la salute dei ragazzi e di inibire dei comportamenti dannosi per loro e per gli altri.

Ne parlo ora perchè oggi non ho trovato parcheggio nel piazzale di fronte casa mia. Ho dovuto rimettere l'auto in garage. Lì ho visto la mia vecchia moto, sotto un telo di plastica. Non saprei perchè, ma tutte le cose pericolose finiscono dietro o dentro qualcosa. Ho una katana dentro un cassetto del salotto. Quattro fucili ereditati da mio nonno, tre denunciati e uno a canne mozze "per le emergenze", dentro un armadietto chiuso a chiave e una nsr sotto un telo di plastica.

La mia moto non è stato il primo mezzo che ho guidato. A quattordici anni, mio nonno mi ha passato il suo dingo cross 50, Moto Guzzi. Venti anni di onorato servizio. Gli ho piazzato sopra tre adesivi con Eddie, la mascotte degli Iron Maiden, e un adesivo di Ozzy Osbourne sul parafango anteriore. Era pronto. Sulla marmitta di quel motorino c'ho lasciato un pezzo di pelle della gamba e un po' di grasso corporeo. Nello stesso punto in cui mio nonno, anni prima, aveva appoggiato la busta che conteneva un coniglio che stava riportando a casa, dopo averlo comprato da un contadino. Quel punto è tutt'oggi coperto da grasso fuso, plastica fusa e pelle fusa. Un po' cose mie e un po' del coniglio.

Probabilmente i miei si sentivano un po' in colpa per avermi dato quell'amatissimo rudere, anzichè comprarmi uno scooter o un beta four o un bullit, come era successo alla maggior parte dei miei coetanei. Così dopo mille suppliche e preghiere, a 16 anni e un giorno, ero seduto sulla mia Honda nsr raiden 125. Uno di quei 125 due tempi da tredicimila giri che ora non fanno più. Centonovanta chilometri all'ora di velocità massima dichiarata dalla casa costruttrice.

Giuro che andrò sempre piano.
Con la testa sulle spalle.
Non sorpasserò mai in curva.
Sono un tipo prudente, lo sapete.
Che poi, sei marce, me ne basteranno quattro...

Notoriamente.

In un paese di diecimila anime non ci sono estranei. La gente si divide in: amici, nemici, conoscenti.
Un mio conoscente, coetaneo, condivideva la mia stessa passione per le moto. Un giorno uscì largo da una curva tornando da scuola, andando addosso a una panda che arrivava dell'altra corsia. La testa gli si è staccata dal collo nell'impatto col parabrezza (Con la testa sulle spalle. L'avrà detto anche lui, ne sono sicuro). Poi ha proseguito, casco e tutto, fino alla faccia della signora che guidava la panda. Morta anche lei sul colpo.

La differenza tra me e lui ora la fanno quindici anni di vita. I viaggi. Gli incontri, le storie. Le serate belle e i momenti brutti. Gli studi. Gli amici e chissà che altro.
Quindici anni fa però, era diverso. Tra me e lui, in tante occasioni, la differenza l'hanno fatta dieci centimetri. Un sistema neurale un pelo più veloce. Un guidatore più esperto in un altro veicolo. Qualche fotone, che anzichè terminare la sua corsa sulla mia retina accecandomi per quel secondo in più, aveva deciso di riflettersi sulla visiera del mio casco, per finire chissà dove.

A questo punto potrei dirvi che scendere dalla moto, con l'adrenaline rush che ti fa tremare talmente le gambe da non poter quasi camminare non è niente. Che non ne vale la pena.
Suonerebbe tanto ipocrita. Come sentire da Ulisse, legato sull'albero della sua nave, mentre i suoi compagni stanno remando con le orecchie tappate dalla cera, che il canto delle sirene non è poi questo granchè.

Il fatto è che crescere è pericoloso. La Moratti, i nostri genitori e coloro che ci amano in generale ci vorrebbero vedere uomini da subito. Purtroppo non è possibile. Per diventare uomini bisogna, prima, essere ragazzi.
Andrew Ryan diceva (concedetemi la citazione da nerd), a proposito dei bambini: "sono così inutili, prendono tanto e non producono nulla. Dovremmo trovare un metodo per accelerarne la crescita." Chi ha giocato a bioshock sa che fine hanno fatto le sue idee, la sua utopia, la sua Rapture. Non credo che la Moratti abbia giocato a Bioshock, altrimenti non avrebbe firmato quell'ordinanza.

Io non credo che il sindaco di Milano o i nostri genitori agiscano per il male. Solo non hanno chiaro il quadro d'insieme. Sono probabilmente spaventati e fanno del loro meglio per tenere le cose sotto controllo. Purtroppo quel controllo non l'hanno mai avuto.

E' qui che mi è ritornata in mente la scena di un vecchio film con Anthony Hopkins.



Buona fortuna a chi sta per salire sulla "sua moto". Che questo piaccia alla Moratti o meno.

11 settembre 2009

7 settembre 2009

Domande e risposte...

...che sono non domande e non risposte. Proprio per questo possiamo chiamarle domande e risposte.

La prima volta che ho avuto a che fare con Susan Blackmore è stato qualche anno fa. In quel periodo stavo conducendo alcuni esperimenti coi miei sogni. Da quell'esperienza ho imparato molte cose, ma la più importate è questa: se non hai idea di cosa stai facendo, smetti di farlo! Potrebbe arrivarti un UPS fast delivery di sterco addosso.

Svegliarsi nel bel mezzo della notte con tutti i muscoli del tuo corpo paralizzati, rendendosi conto di non poter respirare, non è una bella esperienza. Soprattutto se non sai che durerà solo qualche secondo. Quei secondi sono un'eternità. Un tempo più che sufficiente a capire la vera essenza della parola panico! E' come annegare nel proprio letto. A dire il vero non ho mai rischiato di annegare, ma me lo immagino così.

E' stato grazie alla Blackmore che quel panico ha avuto un nome. Paralisi notturna. In ogni era, in ogni cultura, c'è stata della gente che è annegata nel proprio letto come me. La colpa è stata data a vari demoni, streghe, mostri che visitavano gli uomini nel sonno, tentando di soffocarli, strangolandoli o sedendo sul loro petto. Gli ebrei se la prendevano con Lilith. I sudamericani con una strega di cui ora mi sfugge il nome. I Babilonesi con Lilitu. Durante il medioevo era colpa delle Lamie. In Sardegna di Ammuntadore.
In realtà è un disturbo legato al turbamento della fase REM. E' proprio vero che chi si fa i cazzi suoi campa cent'anni. E soprattutto non si sveglia paralizzato mentre sta soffocando.

Come mai mi sono messo a scrivere della Blackmore... a si... le domande... e le risposte.

Che cos'è il sè?

La Blackmore lo chiama selfplex. Sarebbe una sorta di supermeme. Corazzato. Enormemente evoluto. Racchiuderebbe in lui tutto ciò che ci da l'illusione di esistere e di agire. L'illusione di avere un qualcuno, dentro la testa, proprio dietro agli occhi, che abbia il controllo della situazione.
Ipotesi interessante, sicuramente elegante, se ci pensiamo il DNA venne isolato per la prima volta da Friedrick Miescher nel 1869. "L'origine della specie" era già stato pubblicato nel 1859. Magari tra qualche anno qualcuno riuscirà ad isolare e osservare un meme. Fino a quel giorno tutta la memetica potrebbe anche essere la "teoria nuova dell'imperatore" per quanto mi riguarda.

Il selfplex esclude, per come è definito, la libertà d'azione. Il presente racchiude il futuro per dirla alla Leibniz. Il nostro libero arbitrio sarebbe una mera illusione. I geni e i memi che ci hanno costruiti proseguirebbero, ciechi, verso il loro non fine. Può sembrare terrificante e assolutamente illogico a chi è digiuno della questione. Dal canto mio, non ho nessuna difficoltà ad accettare questa verità, non c'è niente dal punto di vista della fisica che ci porti in un'altra direzione. Tutti i modelli che descrivono il nostro mondo, dalla meccanica newtoniana, alla relatività generale, alla fisica quantistica puntano tutti nella stessa direzione. Non c'è volontà. E' tutto determinato. Il presente contiene il futuro in maniera ineluttabile.
Ci sarebbero però un paio di piccoli problemi in proposito...

Il primo sono le equazioni di Schrodinger e a riguardo temo che non vi basterà Google. Vi servirà piuttosto un bel po' di buona volontà, in caso vogliate cavare qualche ragno dal buco. Magari ci torneremo più tardi, in maniera approssimativa, per forza di cose.

Il secondo è che per creare un'illusione ci deve essere qualcuno da illudere.

Un kung-an è un quesito. Un dilemma che ci spinge a ragionare perchè apparentemente non c'è nessuna risposta alla domanda posta. "Che faccia avevi quando i tuoi genitori non erano ancora nati?"
"Che rumore fa un albero che cade in una foresta dove non c'è nessuno ad ascoltarlo?"
Ce ne sono moltissimi, sono usati nella pratica buddista come esercizi meditativi. Se la dottoressa Blackmore avesse praticato qualche buon kung-an probabilmente non sarebbe caduta nel suo errore.

Nel tentativo di risolvere il secondo problema che abbiamo visto (non credo che sia nemmeno a conoscenza del primo a dire il vero, quindi probabilmente lo ha visto come unico ostacolo alla sua teoria), ricade in ciò che aveva cercato di distruggere. Dopo aver annientato il sè, riducendolo a meme, è costretta ad ammettere l'esistenza di una coscienza, priva di volontà, che è il soggetto dell'illusione del sè, la vittima del selfplex. Distruggi la coscienza, poi ricreala, con connotati più vaghi. Ecco il suo lavoro. Ecco la sua risposta. Purtroppo solo dopo aver capito che la risposta è una non risposta, si può chiamare una risposta...appunto risposta.
Peccato. Sembrava un così buon tentativo.

Che cos'è allora questo sè?

Ma è ovvio! E' il creatore dell'universo!

Ok, lo ammetto, frase ad effetto. Ho giocato ad alzare la polvere. Mi scuserete. Non ho resistito.
Stavo pensando al primo punto, quello di sopra, quello sul quale ho soprasseduto. Vi ricordate quando ho scritto che la fisica non ammette libertà?
Le cose non stanno proprio proprio... ehm... in questi termini...

Chiunque si appresti ad addentrarsi in un argomento scientifico, che sia una conferenza, un articolo, un libro o semplicemente che stia ascoltando un amico, si chiede, intimamente, in cuor suo, se riuscirà a capirne il senso. Vi tolgo immediatamente questo dubbio. Non ci capirete nulla. Posso in compenso consolarvi dicendo che nessuno c'ha mai capito qualcosa su questa questione, forse Thich Nhat Hanh, ma su di lui torneremo in seguito.

La luce è fatta di particelle, chiamate fotoni. Probabilmente al liceo vi hanno insegnato che la luce ha una doppia natura, corpuscolare e ondulatoria. Dimenticate quelle lezioni. Ammesso che le ricordiate. Erano sbagliate.

Immaginate la luce come una pioggia di particelle, tante gocce chiamate fotoni. Queste gocce vengono in parte riflesse, ossia rimbalzano, sulle superfici. Avete presente la luna che si specchia sul lago? Il povero Narciso? Bene ci dovremmo essere. Se emettiamo una particella di luce per volta, un fotone, e lo mandiamo verso due lastre di vetro possiamo vedere che viene riflesso in media l'8% delle volte. Questa percentuale può variare dallo 0 al 16%, mai scendere sotto o sopra a queste percentuali, ma il perchè è lungo da spiegare e indifferente alla nostra discussione.
Abbiamo detto che se emettiamo una serie di fotoni, un certo numero verrà riflesso, il restante attraverserà le due lastre. Ma se i fotoni partono tutti dallo stesso punto, viaggiano alla stessa velocità, hanno la stessa massa e incidono le lastre con lo stesso angolo. Allora, come fa il singolo fotone a decidere se essere riflesso o attraversare la lastra?

Ecco una buona domanda (di quelle che sono non domande e proprio per questo possono essere chiamate domande). Nessun fisico ha mai trovato una risposta (Che faccia avevate prima che i vostri genitori nascessero?). Il mistero sta nelle equazioni di Schrodinger e nella regola del modulo quadrato. Quel fotone attraversa le lastre E è riflesso allo stesso tempo, di più, sta percorrendo tutte le traiettorie possibili dal punto di emissione fino al punto di arrivo, che sia esso oltre la lastra o meno, è in tutti i luoghi e in tutti i tempi. Sapete cosa determina l'evento?
Io. Il sè. Osservo il fotone e bam! Lui ha deciso quale traiettoria percorrere e se attraversare o meno le lastre. Ogni evento che accade nell'universo (tranne la gravitazione e la radioattività, vai a capire perchè) si può determinare attraverso la combinazione di eventi elementari come la traiettoria del nostro fotone, con la regola del modulo quadrato. Ogni singola cosa che accade è determinata dal sè.

Vi avevo avvertito che non ci avreste capito niente. Ma abbiate almeno fede. Inserite un cd nel vostro lettore, sentite la musica? Potete sentirla perchè le cose stanno come ho provato a spiegarvi. Perchè il sè crea l'universo!

Vi ricordate di Thich Nhat Hanh? E' un monaco vietnamita candidato da Martin Luther King al premio nobel per la pace nel 1967. Quell'anno il premio nobel per la pace non fu assegnato.
Per darvi un'idea di che persona sia, mentre durante la guerra in Vietnam i suoi seguaci venivano massacrati dagli americani perchè comunisti e fucilati dai vietcong perchè considerati anticomunisti, ha scritto questa poesia:

Promettimi, promettimi oggi, promettimi ora
mentre il sole splende là in alto
esattamente allo zenit, promettimi
se anche ti annienteranno
con una montagna di odio e violenza,
se anche calpesteranno la tua vita
e ti schiacceranno come un bruco,
se anche ti faranno a pezzi
e ti sventreranno,
tu ricorderai, fratello
che nessun uomo è nostro nemico.
Solo la tua compassione
e la gentilezza amorevole sono invincibili,
e senza limiti.
L'odio non potrà mai tenere a freno
la bestia che è nell'umanità.
Un giorno dovrai tu stesso
affrontare la crudeltà,
il tuo coraggio intatto,
i tuoi occhi pieni d'amore,
anche se nessuno saprà del tuo sorriso,
che sboccia come un fiore nella solitudine e nel dolore più grande,
chi ti ama ti vedrà ancora
viaggiare attraverso migliaia di mondi
nella nascita e nella morte.
Nuovamente solo, me ne andrò
a testa china,
sapendo che l'amore è diventato eterno.
E sulla strada lunga e difficile,
ci sarà ancora
la luce del sole e della luna
per guidare i miei passi.

L'ho "incontrato" per la prima volta poche settimane fa, passeggiando nei giardini pubblici della mia città. E' da allora che ho trovato la risposta alla nostra domanda (che è una non risposta e proprio per questo posso chiamarla risposta).

Che cos'è questo sè?

Ora immagino che vi aspettiate, come premio, dopo questa lunga lettura, che vi dia questa risposta (che è una non risposta e proprio per questo potete chiamarla risposta). Mi piacerebbe.
Purtroppo non posso. Non posso scrivere di quello che sta dietro al velo, dovrete, per forza di cosa darci un'occhiata da soli. Non basterebbero le parole (che sono non parole e proprio per questo posso chiamarle parole). Nè baserebbero i vostri sensi (che sono non sensi e proprio per questo posso chiamali sensi) e il vostro intelletto a capirlo. Ma sono sicuro che se siete arrivati a questo punto siete pronti per dare una sbirciata dietro al velo, vi serve solo la punta giusta per fare un taglio abbastanza grande da infilarci la testa. Buona fortuna di cuore.

6 settembre 2009

On your knees. Worship me!

No, non sono impazzito. Non sono nemmeno in preda a manie di onnipotenza. Pensavo piuttosto ai luoghi comuni. Aristotele ha scritto che i luoghi comuni sono tali perchè veri. Di più, li considerava una delle migliori armi per persuadere, uno dei più efficaci artifici della retorica. Ammetto di non essere un gran fan di Aristotele, lì, imbronciato sugli spigoli di quel cubo.

Il luogo comune in questione è "la cultura è elitaria". Con buona pace di Aristotele, nella maggiorparte delle volte in cui, nella mia vita, ho avuto a che fare con qualcuno che ne sapesse più di me su un argomento, quel qualcuno si è sempre dimostrato più che disponibile alla conversazione. Che fossero mail, chiacchierate, lettere o telefonate, chi conosce qualcosa è sempre più che propenso a diffonderla.
Gli scienziati sono ben lieti di pubblicare gli esiti dei loro studi. I professori di insegnare. Gli scrittori e i filosofi di scrivere. Gli amici di condividere i loro pensieri.
E' ironico notare invece come chi cerchi di mantenere un argomento dietro una coltre di fumo è, nella maggiorparte dei casi, ignorante in materia.
Se ne potrebbe discutere a livello memetico, ma non è l'argomento che mi preme questa notte.

Zakk Wilde è un chitarrista americano. E' il leader di una band southern rock-metal chiamata Black Label Society, nonchè il chitarrista co-writer di Ozzy Osbourne. E' da sempre una delle mie maggiori influenze musicali, non saprei contare quanti mi bassi abbia spezzato suonando i suoi riff. Purtroppo oltre ad essere un chitarrista di eccezionale talento è un redneck. E' quello che oltreoceano chiamano "a rightwing conservative christian". A volte ascoltando i suoi pezzi mi viene la voglia di bruciare qualche negro in strada, vestito da fantasmino bianco. Fortunatamente non passano molti negri da queste parti, nell'entroterra marchigiano.
Zakk ha scritto due pezzi (uno a quattro mani con Ozzy) intitolati Miracle Man e Counterfeit God, sul fenomeno dei telepredicatori. Per capirci, prendete Survivor di Chuck Palahniuk, servitelo caldo con riffettoni heavy metal in drop D e assoli pentatonici di semibiscrome et voilà, il pranzo è servito. La speranza dei disperati. Le promesse dei predicatori. Gli show grotteschi. Le false rivelazioni. Il raggiro.

La cultura non è elitaria. Il potere invece si.

Non c'è modo migliore per non ottenere una risposta che fare una domanda a un politico. Di questi tempi sembra che domandare sia addirittura un reato, meritevole di querela.
Spedite una mail per chiedere conto a un politico o a un amministratore e la vostra casella di posta rimarrà vuota.
Mandategli una lettera e avrete sprecato un francobollo.
Telefonategli e vi risponderà una segreteria telefonica o una segretaria, anche detta segreteria telefonica organica.

Con questo non voglio dire che chi amministra il potere non parli, semplicemente quello che dicono non ha alcun significato. Non si addentrano in nessuna questione. Parlano del niente col niente. Non vogliono un dibattito o una discussione e il modo migliore è non trattare alcun argomento.

"We are never defeated until we give up on God" di Ronald Regan non significa assolutamente nulla.
"Il nuovo miracolo italiano" di Berlusconi è niente.
"Yes we can"? Vuoto pneumatico.

"Yes we can" ha portato il primo afroamericano alla casa bianca. La sua riforma sanitaria probabilmente non passerà, nemmeno sull'onda emotiva della morte del suo vero ideatore, Ted Kennedy. Un conto è il vuoto, un altro sono gli argomenti.

Il mondo non si divide in chi sa e chi non sa. Tra chi ha cultura e chi no. Il mondo si divide tra chi comanda e chi no. I primi non hanno alcun interesse a diffondere qualcosa, a discutere, a confrontarsi su qualcosa di concreto. Hanno interesse a che le cose rimangano esattamente come sono ora. Certo, ci sarebbe un piccolo problema, quella cosa chiamata democrazia. Si, la peggior forma di governo possibile una volta scartate tutte le altre.
Per far si che le cose rimangano come sono, i nostri politici, i nostri preti, i nostri televenditori hanno bisogno di rappresentarci. Yes, we can. Hanno bisogno della nostra approvazione, del nostro voto, del nostro appartenere a una confessione religiosa. Ecco il miracolo! Italiano o meno che sia. Hanno bisogno delle nostre aspettative e delle nostre paure, hanno bisogno della nostra fede. We are never defeated until we give up on god! (I'm your god!).

L'ironia dei pezzi di Zakk va oltre le sue intenzioni. Su quegli schermi non passano solo i suoi telepredicatori di vangeli catodici. Passano i nostri politici. Passano i suoi politici. Passano i nostri preti, i mullah, gli impiegati degli uffici tecnici, le giunte regionali. Passa il prete che ci confessa. Passa il vescovo che ci cresima. A loro va la nostra fiducia. A noi torna il vuoto fatto slogan.

In ginocchio! Fatevi rappresentare!

3 settembre 2009

La genesi.

Eugenio C. aveva sempre portato i capelli corti. Gli bastava farsi la barba ogni tre giorni, la considerava una fortuna. Ogni tanto compativa quei poveretti costretti a radersi tutte le mattine per mantenere un aspetto civile. Si divertiva a pensare alle loro schiene coperte di peli ispidi, sudati, d’estate. La camicia dentro i pantaloni scuri, taglio classico, stile Ralph Lauren ma prodotti in Cina. All’alba dei vent’anni aveva già una certa pancia da appoggiare a quella camicia. Con un diploma da ragioniere in tasca. Cinquantaquattro non era malaccio, allora non si poteva ancora arrivare a cento, la razza non si era ancora evoluta. Parlava poco in classe, sorrideva quando serviva. Serio per il resto del tempo. Due ore di studio al pomeriggio, diceva lui, il resto del tempo lo passava non si sa come. Probabilmente ne deve aver parlato a qualcuno, ma al momento dubito che abbia qualche importanza.


A quei tempi Eugenio C. aveva una fidanzata, la portava insieme ai capelli biondi corti, con un girello sulla nuca. Insieme ai pantaloni Made in China, a un paio di mocassini. Insieme agli occhiali da vista senza montatura che rimpicciolivano gli occhietti marroni.

I pantaloni non erano sempre stati lunghi, prima del diploma da ragioniere, prima della licenza media, erano stati anche corti. Eugenio C. aveva giocato a pallone, poco e male ad essere sinceri, si era sbucciato le ginocchia. Aveva riso, più di quanto non avrebbe fatto dopo la licenza media e il diploma da ragioniere. Aveva pianto, più di quanto…beh avete capito immagino.


Un diploma da ragioniere con cinquantaquattro non si butta, ma una laurea in economia e commercio è meglio. Una borsa di studio all’ersu, un collegio malandato in centro, trenta ore di lezione a settimana, due ore di studio al giorno. Magari qualcuna di più, come diceva lui.

E’ stato in quegli anni, in quel collegio malandato che Eugenio C. entrò nell’Organizzazione. Entrato, a dire il vero non è la parola giusta. Non c’è sempre una parola giusta per descrivere quello che è successo o deve succedere.


Marta entrò nella biblioteca di diritto privato verso le sei del pomeriggio.

- Ciao, scusa, mi servirebbe un favore - Sorrise.

- Se posso - Disse Eugenio C. guardando il cielo grigio del novembre maceratese, stampato come un puzzle sulle finestrone quadrate della biblioteca.

- Non ho fatto in tempo a preparare la parte sui diritti soggettivi relativi, ho l’esame tra quarantacinque minuti. Stai studiando privato vero? – Sorrise.

- Si…ma…ecco non ho fatto in tempo per lo scritto di oggi, provo il prossimo appello e quella parte non l’ho ancora fatta. Tranquilla comunque – sempre guardando il cielo, o al massimo la metà della faccia di Marta - Parisi non chiede mai i soggettivi relativi e allo scritto ci sono solo 3 domande.-

- Si ok, grazie ugualmente - Disse Marta smettendo di sorridere, mentre andava verso una ragazza seduta a due banchi di distanza.

29 agosto 2009

I buoni arrivano primi.

Il "Dilemma del prigioniero" è un gioco molto semplice, alla base della teoria dei giochi. Probabilmente ne avete sentito parlare, sicuramente avete avuto a che fare con decisioni che rientrano nella sua casistica.
I due giocatori possono scegliere tra due strategie: "Collaborazione" o "Tradimento". Le loro scelte si possono inserire in una bimatrice e per ogni strategia si ha un risultato di "livello di soddisfazione". In questo gioco la strategia ottimale è il "Tradimento". Giocando il comportamento "Tradimento", si massimizza il proprio "livello di soddisfazione" a prescindere dalla scelta dell'altro giocatore. Purtroppo il "livello di soddisfazione" più elevato corrisponde al caso in cui entrambi i giocatori scelgono "Collaborazione". Capirete che il gioco in se preclude l'attuazione di tale strategia a ogni giocatore razionale, impedendo così l'ottimizzazione del "livello di soddisfazione".
Lo avrete visto nei film polizieschi dove i due complici vengono interrogati in due stanze differenti per farli confessare. Uno dei miei amici è stato costretto a firmare la lettera di dimissioni usando questo sistema. E' stato studiato in lungo e in largo da sociologi, politici, antropologi e quant'altro.

Oggi pomeriggio un mio amico battezzerà la figlia con rito cattolico. La domanda sorge spontanea: lei sarà felice?

Iniziamo a togliere l'inutile e il superfluo...

M'ama. Io sono il signore dio tuo. Non Avrai altro dio all'infuori di me. Via!
Non m'ama. Non nominare il nome di dio in vano. Via!

Richard Dawkins, tre anni fa, ha pubblicato un libro intitolato "L'illusione di Dio" (The god delusion"). E' ateo. E' uno dei più acerrimi oppositori del cattolicesimo. Il suo odio è perfettamente ricambiato da Santa Romana che gli ha combinato una solenne scomunica. The god delusion non è un gran libro, è solo uno degli innumerevoli tentativi di dimostrare scientificamente l'impossibilità di un dio trascendente. I due capolavori di Dawkins sono invece "Il gene egoista" (The selfish gene) e "Il fenotipo esteso" (The extended phenotype).

Ricordati di santificare le feste.
Onora il padre e la madre.
Non uccidere.
Non commettere atti impuri.

I buoni arrivano primi non è solo il titolo di questo articolo, nel 1976 è stato anche il titolo del dodicesimo capitolo de "Il gene egoista". In quel capitolo Dawkins racconta di come un suo collega, Robert Axelrod abbia organizzato una sorta di torneo al gioco del prigioniero. I concorrenti avrebbero dovuto elaborare una "strategia" da giocare secondo le regole del gioco del prigioniero durante un numero n di mani, con n sconosciuto ai partecipanti (per simulare un numero potenzialmente infinito di reiterazioni del gioco). Avrebbe vinto la strategia che alla fine dei round avesse accumulato il "livello di soddisfazione" totale più alto.

Non rubare.
Non dire falsa testimonianza.
Non desiderare la donna d'altri.
Non desiderare la roba d'altri.

Parteciparono in molti a quel torneo, con strategie dai nomi fantasiosi. Naive Prober. Remorseful Prober. Better. Il vincitore fu Anatol Rapoport con la sua strategia Tit for Tat. Ora vi starete chiedendo quale matematica superiore abbia utilizzato Rapoport per creare la strategia di comportamento migliore tra tutte quelle possibili non è vero? Semplice, nessuna. Tit for tat gioca Collaborazione dopo ogni Collaborazione giocata dall'avversario e Tradimento dopo ogni Tradimento giocato dall'avversario. Non c'era stata nessuna strategia per quanto elaborata che avesse raggiunto un livello di utilità (felicità?) maggiore di Tit for Tat.
Mi apri la porta? Io ringrazio.
Tu sorridi? Io sorrido.
Tu mi tratti male? Io mi arrabbio.

Uno degli aspetti più significativi di Tit for Tat, è il fatto che più strategie Tit for Tat ci sono in gioco nel torneo e più ognuna di esse performa bene, più il livello di felicità aumenta per tutti.
E' incredibile come la miglior prova dell'utilità del cattolicesimo che io abbia mai sentito venga da uno dei suoi più aspri nemici. Non credo che i cattolici se ne siano mai resi conto, erano probabilmente troppo impegnati a guardare quei petali inutili che gli sbarrano la vista.

Ama il prossimo tuo come te stesso.

Dedicato, in libertà, a Fabio e sua figlia.

27 agosto 2009

Amnesie.

Vi sono mancato?
Un si sarebbe davvero lusinghiero. Potrei comunque continuare a vivere anche dopo un no.

Purtroppo vi avevo dimenticati.

Cercando su google "Amnesia", troverete al primo posto un club di Milano. Al secondo c'è la voce di Wikipedia. Disturbo della memoria a lungo termine episodica. Link. Impossibilità a ricordare episodi della vita recente. Link. O nei casi più gravi anche remoti. Bla, bla, bla. Encefalo. Link. Amigdala. Link. Ipotalamo. Link. Bla, bla... sopraggiungere in seguito ad un trauma celebrale. Link.
Bla. Bla. Bla.

Passando sotto casa mia, se vi capitasse di alzare lo sguardo, notereste una vecchietta seduta in terrazzo, mentre legge un settimanale di cronaca locale godendosi il sole tardo pomeridiano. Tutto ciò in caso passaste nel tardo pomeriggio. Se lo faceste a notte fonda vedreste me, mentre misuro i tre passi del terrazzo con un libro in mano o mentre siedo al posto della vecchietta. Al posto del settimanale locale ci sarebbe la mia SG, costruita nel '78, ma questa è un'altra storia. La vecchietta è mia nonna.

Mia nonna legge sempre. Sempre lo stesso giornale. Sempre lo stesso articolo. Probabilmente sempre la stessa parola. Sia chiaro, ogni volta che esce il nuovo numero del settimanale locale la figlia le prende il vecchio e lo sostituisce col nuovo. Per mia nonna non fa differenza. Per la figlia si. Io mi limito a sorridere quando cambia il giornale. Mia nonna sorride. La figlia no, ogni volta intristisce un po' di più.

Google e Wikipedia sono la più grande memoria condivisa della storia dell'uomo. Accessibile a tutti, decisamente più lenta delle nostre connessioni neurali ma infinitamente più vasta del nostro encefalo. Link. Volendo si può ricordare ogni cosa passando di lì, anche quello che hanno ricordato gli altri al posto nostro. Si può trovare una descrizione di ogni cosa su Wikipedia. Morbo di Alzheimer. Link. Arteriosclerosi. Link.

Mi sono chiesto molte volte cosa si prova a stare sul mio terrazzo, tenendo in mano il settimanale locale al posto di una SG del '78. Qualche giorno fa ne ho avuto un assaggio.

I miei contatti mail erano spariti dalla mia memoria. Un numero enorme di brani musicali li avevano seguiti. Un sacco di amici avevano fatto la stessa fine dell'articolo sulla discarica cittadina che stava leggendo di nuovo mia nonna. Avevo dimenticato voi. I pezzi scritti sul mio terrazzo con la mia SG erano finiti dove nessuno li avrebbe più ascoltati. Google e Wikipedia? Andate.
Non è una bella sensazione.

Oggi ho riavuto un hard disk nuovo. Sostituito in garanzia. Quando ho acceso il pc non era il mio pc. Non avevo dimenticato tutto, ad esempio è bastato inserire il disco di backup della mia personale tela di Penelope (ma questa è un'altra storia) per ricordarla, ma il grosso era sparito. Non è una bella sensazione. Mentre cercavo i driver per far funzionare il mio modem, ho ritrovato un disco dove avevo inciso tre pezzi di chitarra acustica e flauto traverso cinque anni fa. Avevo dimenticato di averli incisi. Oltre a quei tre pezzi nel disco c'è una quarta traccia, una demo incisa per il dvd dimostrativo della scuola di musica dove ho imparato a suonare la chitarra. Il pezzo era Nadia di Jeff Beck. Ho preso la mia SG ma non ricordavo quel brano, giusto il riff, ammesso che si possa parlare di riff in un pezzo di Jeff Beck. Non è una bella sensazione.

Fra qualche giorno uscirà il nuovo numero di quel settimanale locale. Non so se riuscirò a sorridere. Di certo mia nonna sorriderà.

17 agosto 2009

Il Sutra del Cuore. Ora che ho perso la vista, ci vedo di più.

Siete ciechi?
No.
Ovvio che no, altrimenti non stareste leggendo questo articolo. Però magari vi manca qualche altro senso. Mio padre ad esempio perse l'uso dell'olfatto, in laboratorio, mentre studiava chimica negli anni sessanta. Non è mai entrato nell'argomento "esattamente come". Per evitare l'imbarazzo non ho mai chiesto. Magari esiste una qualche malattia che priva del gusto, di certo si può perdere l'udito. Per il tatto è più difficile, visto che gran parte della nostra pelle è sensibile, in maniera differente passando da zona a zona, ma tant'è.

K-hole è il termine con cui i giovinastri chiamano lo stato derivante dall'assunzione della ketamina in dosi sub anestetiche.
Se avete avuto una esperienza di K-hole, avrete una vaga idea di cosa vuol dire essere coscienti senza ricevere alcuno stimolo sensoriale. Il mondo come noi lo percepiamo scompare lentamente, fino ad estinguersi nel punto della nostra coscienza. Finchè non c'è più nessuna distanza, nessuna barriera tra noi e il mondo.
Noi siamo il mondo. Il mondo è noi.
I meditatori possono raggiungere uno stato simile con varie tecniche meditative.

(Disclaimer: se vi passa per la testa di fare uso di ketamina dopo aver letto il mio blog, non fatelo. Se lo farete, declino ogni responsabilità per eventuali individui che crederanno di poter parlare con gli alieni creatori del mondo. Per quelli che si faranno investire attraversando l'autostrada dopo essersi urinati addosso. Per quelli che finiranno in coma. Per quelli che inizieranno a predicare come monaci "la nuova verità".)

Ho chiuso uno dei miei ultimi articoli con questa frase: "Senza sensi, di quanta fede avremo bisogno per compiere il prossimo passo?". Volevo mostrare quanto i nostri sensi fossero limitati, nel nostro continuo vagare alla ricerca di risposte. Non avevo ancora ben capito che non sono troppo limitati...forse lo sono troppo poco. Forse sono dannosi.

Hakuin, un monaco zen del diciottesimo secolo, descrive così il bodhisattva Kanjizai, autore del Sutra del Cuore: "Vecchio lurido cieco in una grotta buia". La sua condizione ci sembrerebbe disperata. Chi vorrebbe essere al suo posto, leggendo quello che di lui scrive Hakuin?
Hakuin dal canto suo voleva enfatizzare invece la santità del bodhisattva, considerato una delle guide più autorevoli della storia del buddismo. Un uomo illuminato, che ha già raggiunto la pienezza del Nirvana eppure decide di ritornare sulla terra, mosso da infinita compassione, per aiutare tutti coloro che intendono seguire il cammino dell'illuminazione. A Kanjizai non sarebbe mai più servita la vista, gli sarebbe stata piuttosto di intralcio.

Il Sutra del Cuore è un testo di una poesia e di una intensità quasi irreale. Quando Hakuin Ekaku lo distrugge con il suo commentario avvelenato, lo fa soltanto mosso dalla pietà. Per distruggere anche lo strumento dell'illuminazione. Perchè i nostri occhi non possano più vedere. Perchè i nostri sensi ci abbandonino per sempre.

-La tartaruga sacra cancella con la coda le sue impronte.
Ma come può la coda stessa evitare di lasciare tracce?-


14 agosto 2009

La rete.

A stento, mentre navigo su youporn, sopporto che il sito mi consigli a quale orifizio per soffocotti potrei dare i miei venti euro.

Fuck naughty hornies near you.

-Flappergirl Falconara marittima.-
-NorthernKytty Civitanova Marche.-
-Sexigirl 13972 Piediripa.-

E' come un estraneo che apre la porta di un bagno pubblico mentre ti stai masturbando su un giornale pornografico. Anzi è peggio.
E' come un estraneo che apre la porta di un bagno pubblico mentre ti stai masturbando e, anzichè richiuderla mostrando quel doveroso imbarazzo che si addice alla situazione, tira fuori a sua volta un giornale porno:

-Hei, hai mai provato con Le Ore Mese?
Non sai che cosa ti perdi.
Te ne faccio vedere una pagina, lo puoi trovare nell'edicola giusto dietro casa tua in via "TalDeiTali".-

Bene, si può provare una sensazione di disagio ben peggiore tra le maglie della rete, che voi lo crediate o no.

Youporn è un sito tremendamente stupido, questo mi fa sembrare almeno un po' intelligente, mi da una parvenza di controllo. Almeno a casa mia. Almeno di fronte al mio pc.

Lui da per scontato che se stai guardando del porno sia eccitato o te lo stia smanettando.
Lui da per scontato che tu voglia fare sesso.
Lui da per scontato che tu voglia fare sesso con una prostituta.
Lui vede da dove arrivano i dati che invii alla rete.
Lui ti mette in contatto con le prostitute più vicine alla zona del tuo ip che hanno pagato per il servizio di pubblicità.

Non ho mai comprato niente tramite un banner su internet, nemmeno il sesso.
Lui ha fallito.
Non sapeva nemmeno cosa stessi facendo su quelle pagine, non aveva idea di cosa avessi in mente, non conosce niente di me, l'idiota.

Ieri mi è venuta voglia di visitare una pagina di Facebook, leggendo un forum, mentre perdevo tempo nel primo pomeriggio. Ho scoperto con un certo fastidio che per visualizzare le pagine di facebook bisogna essere iscritti. Non guardatemi come un alieno, semplicemente non ho mai ritenuto che le foto della mia scampagnata di ieri, quella storia con la tipa del piano di sopra, il nome del mio gatto, il fatto che oggi mi sia bagnato tornando da lavoro fossero cose tanto interessanti da spingere qualcuno a soffermarsi per conoscerle.
Bene.
Registro una mail senza inserire nessun dato corretto presso un dominio pubblico e inizio a creare il mio profilo di facebook.

Nome: due consonanti a caso, pigiate a caso sulla tastiera.
Cognome: due consonanti a caso, pigiate a caso sulla tastiera.
E-Mail: quella appena creata.
Password: facebook.
I am: male.
Birthday: data casuale.

....caricamento....

Questi sono i tuoi amici (o qualcosa del genere) recita la scritta in alto sulla pagina. Seguono le foto con i link ai profili di tutti i miei amici. O meglio, non c'erano tutti i miei amici o conoscenti, ma tutti quelli che il sito mi suggeriva erano miei amici e conoscenti. Su quella pagina ho imparato il cognome di gente che frequento. Non erano tutti del mio paese, come le prositute di youporn. C'erano compagni del liceo che avevo totalmente dimenticato. C'erano studenti con cui avevo condiviso la casa durante gli anni di università. Ho dovuto rassegnarmi al fatto che Facebook mi conoscesse e conoscesse i miei conoscenti meglio di me.

Ma ecco un lampo...il bastardo...l'idiota...chi diamine sarebbe quella ragazza con quella ridicola parrucca rossa? Pensava veramente di fregarmi? Quella lì non la conoscevo. Fanculo facebook e riecco il mio controllo. Almeno in casa mia. Almeno di fronte al mio pc.
Era la ex di un mio amico, ci avevo parlato un sacco di volte, anche poche settimane prima. Non conoscevo il suo cognome. Non sapevo avesse una parrucca rosso fuoco.

Non ho mai terminato la registrazione su facebook. Mi sono ripromesso di non aprire mai più, per nessun motivo, quel sito.