17 settembre 2009

Diritti.

"Ne ho il diritto!!!"

Quante volte avete letto o sentito questa frase?

A me capita in continuazione. Mentre leggo i giornali, mentre navigo in rete, mentre scambio due parole con gli amici. Ma cos'è un diritto?

Su wikipedia troviamo questo: "l'insieme ed il complesso (in genere sistematico) delle norme che regolano la vita dei membri della comunità di riferimento".

Ovviamente non è a questo che si riferiscono tutti quelli che esclamano la nostra frase.
Vantano piuttosto una qualche caratteristica insita nel nostro essere.

Sono alto un metro e ottanta e ho il diritto alla vita.
Ho gli occhi azzurri e il diritto alla mia libertà personale.
Ho due gambe e il diritto di associazione.

Ne esistono a decine, centinaia, probabilmente le nostre vite sono troppo corte per poterli esercitare tutti. Al lavoro. All'immagine. Alla privacy. Di proprietà. Allo studio. Di religione. Di culto. Di pensiero. Soggettivi assoluti. Soggettivi relativi. Probabilmente anche mezzo soggettivi ablativi, comparativi, mancini, subatomici, sedativi e chissà che cos'altro. Ne inventano ogni giorno di nuovi, l'ultimo arrivato su proposta della senatrice leghista Carolina Lussana è il diritto d'oblio su internet (e non so davvero se ridere o piangere).
Grazie onorevole Lussana, se ne sentiva la mancanza.
Del diritto d'oblio su internet.

Quelli ritenuti fondamentali e inalienabili (e anche qui non so se ridere o piangere), sono raccolti nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. In pratica il più lungo e considerato rotolo di carta da culo che abbia mai trovato un posto nella realtà di questo mondo.

Da cosa derivino i diritti poi, è una diatriba accesa da anni. Tralaltro con interesse pari a quello dell'ultimo cinepanettone dei Vanzina. In due parole:
- ci sono i sostenitori del "diritto naturale", che credono e affermano che i diritti siano "categorie" presenti nelle persone dalla loro nascita, conseguenza naturale della loro esistenza. Hai due occhi, un peso, un dna e una serie di diritti che sono tuoi in quanto esisti.
-ci sono poi i profeti del "diritto positivo". In questo caso i diritti deriverebbero dal fatto che qualcuno ha scritto una norma in proposito. Che è stabilito per legge dagli uomini per così dire.

Non so, onestamente, quale delle due sia la più assurda e risibile. Come si possa pensare che scrivendo qualcosa su un foglio questo si avveri non riesco a spiegarmelo, all'infuori della fantascienza intendo. Come poi possa esistere di fatto, come conseguenza della nostra esistenza mi appare ancora più oscuro.

Voglio dire, quando il Titanic è affondato nel mar glaciale artico, perchè i naufraghi non hanno invocato il loro diritto alla vita? Che diritto aveva l'oceano di congelarli? Dopotutto il diritto alla vita è inalienabile, c'è scritto anche sopra la carta da culo. Ogni volta che in Africa nasce un bambino sieropositivo che morirà di aids nell'anno seguente, dove va a finire il suo diritto alla salute?

Ogni volta che un boia, in una qualche regione del nostro piccolo pianeta, sta per azionare l'interruttore di una sedia elettrica, o di una camera a gas. Ogni volta che un plotone di esecuzione sta per tirare un grilletto. Ogni volta che una ghigliottina sta calando, c'è qualcuno che invoca il diritto alla vita. Associazioni, individui, stati interi, tutti in fila, con la loro carta da culo in mano, come in preda a un attacco di dissenteria collettivo. Perchè per i naufraghi no e per gli assassini si?

Badate bene, io sono contrario alla pena di morte. Vi starete anche chiedendo come possa essere così stupido da paragonare un naufragio e un'esecuzione non è vero?

La differenza tra un'esecuzione e un naufragio esiste finchè esiste "io". Posso dare facilmente qualche ora di libertà alla mia mente concettuale, lasciando che la tartaruga sacra cancelli le mie orme, in quel momento, quando "io" non è niente, in quel momento, un naufragio e un'esecuzione sono la stessa cosa. Sono sicuro che potete farlo anche voi. Guardare un attimo oltre il velo, intendo. Le cose accadono.

Di ritorno dalle gite oltre il velo, la nostra mente concettuale ricompare, ma è sempre un po' più lucida. Possiamo perfino azzardare una definizione di diritto che non sia così ridicola come quelle elencate sopra.

Che cos'è un diritto?

E' una sovrastruttura. Un nome appiccicato a qualcosa che ne aveva già un altro.

Il diritto alla vita altro non è che la pietà empatica che ci impedisce di uccidere i nostri simili. E' il vantaggio evolutivo della strategia "tit for tat". E' l'insieme delle ritorsioni che rischiamo nel caso uccidessimo qualcuno.
Il diritto alla salute è la legittima aspirazione di ogni individuo a essere felice e sano.
Il diritto alla proprietà è la forza con cui proteggiamo le cose di cui abbiamo bisogno.

Si potrebbe andare avanti per ore. Ma immagino che avrete colto il senso.
Non c'è niente di inalienabile nei diritti, non provengono da alcun luogo che non sia la nostra realtà. Cessano di esistere qualora cessino le condizioni che ne permettevano l'esistenza. Nonostante ci sia un rotolo di carta da culo male utilizzato.

5 commenti:

  1. Essendo nel ramo ormai da qualche anno mi permetto di aggiungere qualcosa alla definizione data di diritto (ovviamente inteso in senso positivo, il diritto naturale non esiste). Più concretamente il diritto è quell'insieme di regole che permette di esistere a quell'organizzazione chiamata Stato, che ne è appunto l'unico indiscusso creatore. E' ovvio che lo Stato tra le tante regole possibili emana o riconosce solo quelle che gli garantiscono di non collassare. Lo Stato, ad esempio, non potrà mai permettere ai sudditi di uccidersi tra loro, non tanto per pietà o empatia, ma quanto per evitare l'anarchia ed il suo conseguente decadimento.
    Dire che lo Stato impedisce di uccidere per motivi etici o religiosi è privo di fondamento; lo Stato non segue questo tipo di principi, (basta pensare ad esempio all'aborto ed al divorzio, pienamente legittimi almeno in Italia) lo Stato persegue solo la pace sociale senza la quale non esisterebbe

    RispondiElimina
  2. Premesso che dal punto di vista formale tu ne sai più di me, sono sicuro che hai un punto di vista molto differente dal mio.
    In questo senso mi piacerebbe dire due parole in proposito.

    Ho letto e riletto il commento e mi sembra di capire che il punto sia: il diritto ha senso in presenza di uno stato.

    Ma mi viene da chiedermi, una tribù africana è uno stato?
    Una famiglia di aborigeni australiani è uno stato?
    Tre cacciatori che dividono lo stesso territorio di caccia nella foresta amazzonica, senza avere nessun altro legame, sono uno stato?

    Ho come l'impressione che anche in questi casi, ci sia qualcosa sopra il quale sia possibile "appiccicare" l'idea di diritto.

    L'impressione che esistano condizioni per le quali anche in questi casi, gli individui coinvolti rispettino in qualche misura la vita (o altre prerogative) dei loro simili. Certo è possibile che la situazione precipiti e finiscano per ammazzarsi l'un l'altro, come per altro avvengono gli omicidi in quelli che, senza ambiguità chiamaiamo Stati.

    Insomma trovo "debole" la connessione tra diritto e stato. Pur accettando che alcune organizzazioni (come gli stati) rafforzino quelle condizioni che vengono chiamate "diritti".

    RispondiElimina
  3. Io però quando parlo di Stato lo intendo nel senso di "autorità" che crea il diritto e soprattutto, e ciò distingue il diritto dalle altre regole (es. morali, etiche e religiose), lo fa applicare con la forza.
    Senza di questa il diritto non esiste; quindi, se la tribù ha un saggio, un vecchio, un guerriero che pone le regole e le fa rispettare, abbiamo delle regole giuridiche; dove questa autorità non c'è (l'esempio dei tre cacciatori senza nessun legame tra loro) il diritto non c'è, al massimo ci sono regole etiche ma non giuridiche, perché non vincolanti.
    Poi sul fatto che le regole giuridiche già preesistano, (ossia si formalizza ciò che già è normale nella vita quotidiana), in parte è vero. E' chiaro che una legge creata di sana pianta senza avere nessun legame con la realtà è destinata a soccombere, vuoi con gli strumenti legali delle forme più evolute (v. Corte Costituzionale) vuoi con l'uso della forza (rivoluzioni, colpi di Stato, rimozione del vecchio saggio).
    Però dire, ad esempio, che uccidere i propri simili è normalmente considerato aberrante per gli uomini, cozza con l'obbligo, sanzionato pesantemente, di fare la guerra al servizio della tua nazione e, quindi, uccidere altre persone, a rischio di subire, in caso di diserzione, anche pene fisiche, per non parlare di pena di morte.
    Oppure, prendiamo l'esempio della proprietà; si dice, è normale che vi sia un diritto di proprietà, in quanto l'uomo normalmente tende a difendere i propri beni. Ma se pensiamo ai vari regimi comunisti in giro per il mondo (pochi per la verità oggi, ma ci sono stati), ove la proprietà privata non esisteva ecco che ci ritroviamo al punto di partenza.

    RispondiElimina
  4. Per prima cosa io mi chiedo come sia possibile che in questo carrozzone non sia implementato il quote. Insomma, questa baracca è gestita da google, mica pizza e fichi.
    Che è? Non hanno la tecnologia del quote?

    Bene, ora che ho finito di sputare nel piatto in cui mangio gratis passiamo al sodo.

    Tu dici che il diritto è una "categoria" di regole che deriva dall'autorità. Da affiancare ad altre categorie di regole, la morale, la religione ecc...
    Questa visione orizzontale non mi convince per niente.
    In compenso leggendoti non mi convince più nemmeno la mia visione verticale.

    Tu parli di regole religiose, e io le considero, come il diritto, delle sovrastrutture, come la religione nella sua interezza.
    Ma a continuare di questo passo, dove mi porta questa visione?

    Avete presente il giochino...
    -Chi ti ha creato?
    -Mia madre!
    -E chi ha creato tua madre?
    -Mia nonna!
    -E chi...

    Insomma, non si arriva a un vicolo cieco. Piuttosto è un cunicolo sempre più stretto che alla fine, prima o poi, ti impedisce di proseguire il cammino.

    E' proprio vero che scrivendo o parlando si impara più di quanto si insegni. Ammesso che si possa insegnare qualcosa.

    Confucio ha detto che chi non cambia mai idea è il più saggio fra i saggi o il più stolto fra gli stolti. Io essendo sicuro di non essere il primo, vorrei evitare almeno di essere il secondo. Magari prima o poi imparerò anche a condividere le mie idee.

    RispondiElimina