29 agosto 2009

I buoni arrivano primi.

Il "Dilemma del prigioniero" è un gioco molto semplice, alla base della teoria dei giochi. Probabilmente ne avete sentito parlare, sicuramente avete avuto a che fare con decisioni che rientrano nella sua casistica.
I due giocatori possono scegliere tra due strategie: "Collaborazione" o "Tradimento". Le loro scelte si possono inserire in una bimatrice e per ogni strategia si ha un risultato di "livello di soddisfazione". In questo gioco la strategia ottimale è il "Tradimento". Giocando il comportamento "Tradimento", si massimizza il proprio "livello di soddisfazione" a prescindere dalla scelta dell'altro giocatore. Purtroppo il "livello di soddisfazione" più elevato corrisponde al caso in cui entrambi i giocatori scelgono "Collaborazione". Capirete che il gioco in se preclude l'attuazione di tale strategia a ogni giocatore razionale, impedendo così l'ottimizzazione del "livello di soddisfazione".
Lo avrete visto nei film polizieschi dove i due complici vengono interrogati in due stanze differenti per farli confessare. Uno dei miei amici è stato costretto a firmare la lettera di dimissioni usando questo sistema. E' stato studiato in lungo e in largo da sociologi, politici, antropologi e quant'altro.

Oggi pomeriggio un mio amico battezzerà la figlia con rito cattolico. La domanda sorge spontanea: lei sarà felice?

Iniziamo a togliere l'inutile e il superfluo...

M'ama. Io sono il signore dio tuo. Non Avrai altro dio all'infuori di me. Via!
Non m'ama. Non nominare il nome di dio in vano. Via!

Richard Dawkins, tre anni fa, ha pubblicato un libro intitolato "L'illusione di Dio" (The god delusion"). E' ateo. E' uno dei più acerrimi oppositori del cattolicesimo. Il suo odio è perfettamente ricambiato da Santa Romana che gli ha combinato una solenne scomunica. The god delusion non è un gran libro, è solo uno degli innumerevoli tentativi di dimostrare scientificamente l'impossibilità di un dio trascendente. I due capolavori di Dawkins sono invece "Il gene egoista" (The selfish gene) e "Il fenotipo esteso" (The extended phenotype).

Ricordati di santificare le feste.
Onora il padre e la madre.
Non uccidere.
Non commettere atti impuri.

I buoni arrivano primi non è solo il titolo di questo articolo, nel 1976 è stato anche il titolo del dodicesimo capitolo de "Il gene egoista". In quel capitolo Dawkins racconta di come un suo collega, Robert Axelrod abbia organizzato una sorta di torneo al gioco del prigioniero. I concorrenti avrebbero dovuto elaborare una "strategia" da giocare secondo le regole del gioco del prigioniero durante un numero n di mani, con n sconosciuto ai partecipanti (per simulare un numero potenzialmente infinito di reiterazioni del gioco). Avrebbe vinto la strategia che alla fine dei round avesse accumulato il "livello di soddisfazione" totale più alto.

Non rubare.
Non dire falsa testimonianza.
Non desiderare la donna d'altri.
Non desiderare la roba d'altri.

Parteciparono in molti a quel torneo, con strategie dai nomi fantasiosi. Naive Prober. Remorseful Prober. Better. Il vincitore fu Anatol Rapoport con la sua strategia Tit for Tat. Ora vi starete chiedendo quale matematica superiore abbia utilizzato Rapoport per creare la strategia di comportamento migliore tra tutte quelle possibili non è vero? Semplice, nessuna. Tit for tat gioca Collaborazione dopo ogni Collaborazione giocata dall'avversario e Tradimento dopo ogni Tradimento giocato dall'avversario. Non c'era stata nessuna strategia per quanto elaborata che avesse raggiunto un livello di utilità (felicità?) maggiore di Tit for Tat.
Mi apri la porta? Io ringrazio.
Tu sorridi? Io sorrido.
Tu mi tratti male? Io mi arrabbio.

Uno degli aspetti più significativi di Tit for Tat, è il fatto che più strategie Tit for Tat ci sono in gioco nel torneo e più ognuna di esse performa bene, più il livello di felicità aumenta per tutti.
E' incredibile come la miglior prova dell'utilità del cattolicesimo che io abbia mai sentito venga da uno dei suoi più aspri nemici. Non credo che i cattolici se ne siano mai resi conto, erano probabilmente troppo impegnati a guardare quei petali inutili che gli sbarrano la vista.

Ama il prossimo tuo come te stesso.

Dedicato, in libertà, a Fabio e sua figlia.

27 agosto 2009

Amnesie.

Vi sono mancato?
Un si sarebbe davvero lusinghiero. Potrei comunque continuare a vivere anche dopo un no.

Purtroppo vi avevo dimenticati.

Cercando su google "Amnesia", troverete al primo posto un club di Milano. Al secondo c'è la voce di Wikipedia. Disturbo della memoria a lungo termine episodica. Link. Impossibilità a ricordare episodi della vita recente. Link. O nei casi più gravi anche remoti. Bla, bla, bla. Encefalo. Link. Amigdala. Link. Ipotalamo. Link. Bla, bla... sopraggiungere in seguito ad un trauma celebrale. Link.
Bla. Bla. Bla.

Passando sotto casa mia, se vi capitasse di alzare lo sguardo, notereste una vecchietta seduta in terrazzo, mentre legge un settimanale di cronaca locale godendosi il sole tardo pomeridiano. Tutto ciò in caso passaste nel tardo pomeriggio. Se lo faceste a notte fonda vedreste me, mentre misuro i tre passi del terrazzo con un libro in mano o mentre siedo al posto della vecchietta. Al posto del settimanale locale ci sarebbe la mia SG, costruita nel '78, ma questa è un'altra storia. La vecchietta è mia nonna.

Mia nonna legge sempre. Sempre lo stesso giornale. Sempre lo stesso articolo. Probabilmente sempre la stessa parola. Sia chiaro, ogni volta che esce il nuovo numero del settimanale locale la figlia le prende il vecchio e lo sostituisce col nuovo. Per mia nonna non fa differenza. Per la figlia si. Io mi limito a sorridere quando cambia il giornale. Mia nonna sorride. La figlia no, ogni volta intristisce un po' di più.

Google e Wikipedia sono la più grande memoria condivisa della storia dell'uomo. Accessibile a tutti, decisamente più lenta delle nostre connessioni neurali ma infinitamente più vasta del nostro encefalo. Link. Volendo si può ricordare ogni cosa passando di lì, anche quello che hanno ricordato gli altri al posto nostro. Si può trovare una descrizione di ogni cosa su Wikipedia. Morbo di Alzheimer. Link. Arteriosclerosi. Link.

Mi sono chiesto molte volte cosa si prova a stare sul mio terrazzo, tenendo in mano il settimanale locale al posto di una SG del '78. Qualche giorno fa ne ho avuto un assaggio.

I miei contatti mail erano spariti dalla mia memoria. Un numero enorme di brani musicali li avevano seguiti. Un sacco di amici avevano fatto la stessa fine dell'articolo sulla discarica cittadina che stava leggendo di nuovo mia nonna. Avevo dimenticato voi. I pezzi scritti sul mio terrazzo con la mia SG erano finiti dove nessuno li avrebbe più ascoltati. Google e Wikipedia? Andate.
Non è una bella sensazione.

Oggi ho riavuto un hard disk nuovo. Sostituito in garanzia. Quando ho acceso il pc non era il mio pc. Non avevo dimenticato tutto, ad esempio è bastato inserire il disco di backup della mia personale tela di Penelope (ma questa è un'altra storia) per ricordarla, ma il grosso era sparito. Non è una bella sensazione. Mentre cercavo i driver per far funzionare il mio modem, ho ritrovato un disco dove avevo inciso tre pezzi di chitarra acustica e flauto traverso cinque anni fa. Avevo dimenticato di averli incisi. Oltre a quei tre pezzi nel disco c'è una quarta traccia, una demo incisa per il dvd dimostrativo della scuola di musica dove ho imparato a suonare la chitarra. Il pezzo era Nadia di Jeff Beck. Ho preso la mia SG ma non ricordavo quel brano, giusto il riff, ammesso che si possa parlare di riff in un pezzo di Jeff Beck. Non è una bella sensazione.

Fra qualche giorno uscirà il nuovo numero di quel settimanale locale. Non so se riuscirò a sorridere. Di certo mia nonna sorriderà.

17 agosto 2009

Il Sutra del Cuore. Ora che ho perso la vista, ci vedo di più.

Siete ciechi?
No.
Ovvio che no, altrimenti non stareste leggendo questo articolo. Però magari vi manca qualche altro senso. Mio padre ad esempio perse l'uso dell'olfatto, in laboratorio, mentre studiava chimica negli anni sessanta. Non è mai entrato nell'argomento "esattamente come". Per evitare l'imbarazzo non ho mai chiesto. Magari esiste una qualche malattia che priva del gusto, di certo si può perdere l'udito. Per il tatto è più difficile, visto che gran parte della nostra pelle è sensibile, in maniera differente passando da zona a zona, ma tant'è.

K-hole è il termine con cui i giovinastri chiamano lo stato derivante dall'assunzione della ketamina in dosi sub anestetiche.
Se avete avuto una esperienza di K-hole, avrete una vaga idea di cosa vuol dire essere coscienti senza ricevere alcuno stimolo sensoriale. Il mondo come noi lo percepiamo scompare lentamente, fino ad estinguersi nel punto della nostra coscienza. Finchè non c'è più nessuna distanza, nessuna barriera tra noi e il mondo.
Noi siamo il mondo. Il mondo è noi.
I meditatori possono raggiungere uno stato simile con varie tecniche meditative.

(Disclaimer: se vi passa per la testa di fare uso di ketamina dopo aver letto il mio blog, non fatelo. Se lo farete, declino ogni responsabilità per eventuali individui che crederanno di poter parlare con gli alieni creatori del mondo. Per quelli che si faranno investire attraversando l'autostrada dopo essersi urinati addosso. Per quelli che finiranno in coma. Per quelli che inizieranno a predicare come monaci "la nuova verità".)

Ho chiuso uno dei miei ultimi articoli con questa frase: "Senza sensi, di quanta fede avremo bisogno per compiere il prossimo passo?". Volevo mostrare quanto i nostri sensi fossero limitati, nel nostro continuo vagare alla ricerca di risposte. Non avevo ancora ben capito che non sono troppo limitati...forse lo sono troppo poco. Forse sono dannosi.

Hakuin, un monaco zen del diciottesimo secolo, descrive così il bodhisattva Kanjizai, autore del Sutra del Cuore: "Vecchio lurido cieco in una grotta buia". La sua condizione ci sembrerebbe disperata. Chi vorrebbe essere al suo posto, leggendo quello che di lui scrive Hakuin?
Hakuin dal canto suo voleva enfatizzare invece la santità del bodhisattva, considerato una delle guide più autorevoli della storia del buddismo. Un uomo illuminato, che ha già raggiunto la pienezza del Nirvana eppure decide di ritornare sulla terra, mosso da infinita compassione, per aiutare tutti coloro che intendono seguire il cammino dell'illuminazione. A Kanjizai non sarebbe mai più servita la vista, gli sarebbe stata piuttosto di intralcio.

Il Sutra del Cuore è un testo di una poesia e di una intensità quasi irreale. Quando Hakuin Ekaku lo distrugge con il suo commentario avvelenato, lo fa soltanto mosso dalla pietà. Per distruggere anche lo strumento dell'illuminazione. Perchè i nostri occhi non possano più vedere. Perchè i nostri sensi ci abbandonino per sempre.

-La tartaruga sacra cancella con la coda le sue impronte.
Ma come può la coda stessa evitare di lasciare tracce?-


14 agosto 2009

La rete.

A stento, mentre navigo su youporn, sopporto che il sito mi consigli a quale orifizio per soffocotti potrei dare i miei venti euro.

Fuck naughty hornies near you.

-Flappergirl Falconara marittima.-
-NorthernKytty Civitanova Marche.-
-Sexigirl 13972 Piediripa.-

E' come un estraneo che apre la porta di un bagno pubblico mentre ti stai masturbando su un giornale pornografico. Anzi è peggio.
E' come un estraneo che apre la porta di un bagno pubblico mentre ti stai masturbando e, anzichè richiuderla mostrando quel doveroso imbarazzo che si addice alla situazione, tira fuori a sua volta un giornale porno:

-Hei, hai mai provato con Le Ore Mese?
Non sai che cosa ti perdi.
Te ne faccio vedere una pagina, lo puoi trovare nell'edicola giusto dietro casa tua in via "TalDeiTali".-

Bene, si può provare una sensazione di disagio ben peggiore tra le maglie della rete, che voi lo crediate o no.

Youporn è un sito tremendamente stupido, questo mi fa sembrare almeno un po' intelligente, mi da una parvenza di controllo. Almeno a casa mia. Almeno di fronte al mio pc.

Lui da per scontato che se stai guardando del porno sia eccitato o te lo stia smanettando.
Lui da per scontato che tu voglia fare sesso.
Lui da per scontato che tu voglia fare sesso con una prostituta.
Lui vede da dove arrivano i dati che invii alla rete.
Lui ti mette in contatto con le prostitute più vicine alla zona del tuo ip che hanno pagato per il servizio di pubblicità.

Non ho mai comprato niente tramite un banner su internet, nemmeno il sesso.
Lui ha fallito.
Non sapeva nemmeno cosa stessi facendo su quelle pagine, non aveva idea di cosa avessi in mente, non conosce niente di me, l'idiota.

Ieri mi è venuta voglia di visitare una pagina di Facebook, leggendo un forum, mentre perdevo tempo nel primo pomeriggio. Ho scoperto con un certo fastidio che per visualizzare le pagine di facebook bisogna essere iscritti. Non guardatemi come un alieno, semplicemente non ho mai ritenuto che le foto della mia scampagnata di ieri, quella storia con la tipa del piano di sopra, il nome del mio gatto, il fatto che oggi mi sia bagnato tornando da lavoro fossero cose tanto interessanti da spingere qualcuno a soffermarsi per conoscerle.
Bene.
Registro una mail senza inserire nessun dato corretto presso un dominio pubblico e inizio a creare il mio profilo di facebook.

Nome: due consonanti a caso, pigiate a caso sulla tastiera.
Cognome: due consonanti a caso, pigiate a caso sulla tastiera.
E-Mail: quella appena creata.
Password: facebook.
I am: male.
Birthday: data casuale.

....caricamento....

Questi sono i tuoi amici (o qualcosa del genere) recita la scritta in alto sulla pagina. Seguono le foto con i link ai profili di tutti i miei amici. O meglio, non c'erano tutti i miei amici o conoscenti, ma tutti quelli che il sito mi suggeriva erano miei amici e conoscenti. Su quella pagina ho imparato il cognome di gente che frequento. Non erano tutti del mio paese, come le prositute di youporn. C'erano compagni del liceo che avevo totalmente dimenticato. C'erano studenti con cui avevo condiviso la casa durante gli anni di università. Ho dovuto rassegnarmi al fatto che Facebook mi conoscesse e conoscesse i miei conoscenti meglio di me.

Ma ecco un lampo...il bastardo...l'idiota...chi diamine sarebbe quella ragazza con quella ridicola parrucca rossa? Pensava veramente di fregarmi? Quella lì non la conoscevo. Fanculo facebook e riecco il mio controllo. Almeno in casa mia. Almeno di fronte al mio pc.
Era la ex di un mio amico, ci avevo parlato un sacco di volte, anche poche settimane prima. Non conoscevo il suo cognome. Non sapevo avesse una parrucca rosso fuoco.

Non ho mai terminato la registrazione su facebook. Mi sono ripromesso di non aprire mai più, per nessun motivo, quel sito.

10 agosto 2009

Abbott. Di quanta fede avremo bisogno?

Ho appena letto Flatlandia. Sono ancora emozioniato da questa squisita favola di cento pagine. Non basterebbero i volumi di un'enciclopedia per sviluppare a fondo tutti i temi toccati in questo libriccino adorabile. A un primo livello potrebbe essere una favoletta deliziosa su di un mondo fantastico. Scendendo poco a poco scopriremmo una critica acre e acuta della società del diciannovesimo secolo, di quella contemporanea e (probabilmente) di quelle future, un trattato di sociologia, un saggio di psicologia e molto altro ancora. Non posso che consigliare a tutti la lettura di questa piccola meraviglia.

In breve la favoletta ci racconta le peripezie di un quadrato che vive in un mondo a due dimensioni. Ogni cosa o essere è una figura geometrica e tutto appare alla vista come una linea. Un giorno, questo povero e limitato essere, incontra una sfera tridimensionale che lo conduce nel suo mondo fantastico di tre dimensioni per poi riportarlo a casa. Al ritorno nel suo mondo il poveretto prova a convincere i suoi simili geometrici dell'esistenza dell'altra dimensione che ha visitato. E' per ovvie ragioni incapace di fornire qualsiasi prova sulla sua esistenza, nè di fornire una spiegazione comprensibile per quella stranezza inaccettabile. Non può che chiedere di accettare la sua storia per fede. Nessuno gli crede. Nessuno riesce a capire la verità nascosta nel suo racconto. Viene imprigionato per il resto dei suoi giorni in una prigione geometrica e trattato alla stregua di un pazzo.

Nel rileggere il mio riassuntino provo un grande imbarazzo per essere uno scrittore così mediocre. Quello che ho scritto non rende nemmeno l'idea della bellezza della storia di Abbott. Mi scuserete per questo, spero che ne trarrete spunto per leggere il racconto originale.
Abbott oltre ad essere uno scrittore molto migliore di me è stato anche un profeta. Flatlandia è una delle più mirabili profezie in cui io sia incappato. Nel 1882, quando è stata pubblicata, l'ipercubo che avrebbe intersecato il nostro mondo a tre dimensioni, per mostrarcene uno nuovo, aveva appena tre anni.

Se un viaggiatore proveniente da un altro mondo mi chiedesse "Quanta fede c'è nel vostro mondo?" io non esiterei a rispondere "Una quantità spropositata".
2,14 miliardi di uomini credono che un uomo chiamato Gesù sia nato da una vergine, sia morto e risorto dopo tre giorni perchè era figlio di un dio trascendente di cui non si può avere prova.
Più di quattro miliardi e mezzo di uomini credono che dopo la morte ci sia un altro mondo. Nessuno è mai tornato a confermare questa teoria. Non ci sono prove che possano anche solo lontanamente avvalorare una tesi del genere.

Albert Einstein era ebreo. Aveva fede in dio. Arrivò a confutare alcuni dei risultati delle sue stesse ricerche pur di non rinunciare alla sua fede in dio ("Dio non gioca a dadi con l'universo"). Quei risultati furono confermati come corretti da altri fisici negli anni successivi.

Quando Einstein iniziò a lavorare sulla teoria della relatività generale non vi era alcuna prova ad avvalorare le sue tesi. Come il povero quadrato flatlandese non poteva misurare il volume nel suo strampalato mondo a due dimensioni. Quello stesso quadrato non avrebbe mai creduto all'esistenza di un mondo a tre dimensioni, sarebbe stato più propenso ad uccidere che ad accettare quella verità che a noi sembra ovvia. Solo dopo aver sperimentato la terza dimensione accettò l'innegabile verità dei fatti.
Einstein non aveva nessun viaggiatore di un altro mondo disposto a regalargli l'esperienza di una nuova dimensione. Lui continuò a lavorare alla sua teoria semplicemente credendola vera, finchè pubblicò nel 1915 la teoria della relatività generale come oggi la conosciamo.
La prima prova empirica indipendente arrivò nel 1919 ad opera di Arthur Eddington, nel corso di un'eclissi. A proposito di quella notte Einstein disse: "Max Planck non capiva nulla di fisica perché durante l'eclissi del 1919, è rimasto in piedi tutta la notte per vedere se fosse stata confermata la curvatura della luce dovuta al campo gravitazionale. Se avesse capito davvero la teoria avrebbe fatto come me e sarebbe andato a letto."

A quell'ipercubo ebreo non servirono i sensi. Bastò la fede.

Se siete in un qualunque bar e per sbaglio le parole "le" "tre" "dimensioni" escono in sequenza dalla bocca di qualcuno, probabilmente qualcun'altro, che altrettanto probabilmente non conosce la relatività generale, cercherà di fare il brillantone facendo una battuta sulla quarta dimensione. Ancora oggi, le teorie di Einstein non sono superate e rappresentano il passo "più lungo" che abbia mai fatto la fisica nella storia dell'umanità. Alcuni le conoscono. Di questi, la maggiorparte le accetta per fede, fidandosi del parere di quei pochi che le hanno comprese davvero grazie ai sensi e alla ragione.

Da quel 1919 è andata crescendo nella comunità scientifica una sorta di ossessione per una teoria capace di unificare la relatività generale e le teorie quantistiche. Io conosco solo la punta dell'iceberg di queste ricerche avveniristiche ma non di meno ho avuto occasione di farmi un'idea in proposito. Una delle più eleganti nuove teorie unificanti è conosciuta come "teoria supersimmerica delle stringhe" o semplicemente teoria delle superstringhe. Cercare di spiegare in breve una cosa che non si è capita molto a fondo è un'opera ai limiti dell'impossibile (come capisco il povero quadrato al suo ritorno da flatlandia, almeno lui avrebbe continuato a portare nel cuore il suo viaggio, poteva contare sulla memoria dei sensi), ci proverò goffamente.

A dare origine alla materia sarebbero delle microscopiche stringhe che vibrano in particolari modi. Il tipo di vibrazione determina le caratteristiche della particella generata, la sua massa, il suo spin e la sua rotazione. La mia matematica pur essendo sufficiente per la relatività generale non è abbastanza buona per l'analisi del modello di Calabi-Yau, il modello a sei (ouch!) dimensioni su cui si basa la teoria delle stringhe. A voler essere precisi ci saebbero molte altre dimensioni arrotolate oltre a queste sei. A seconda delle diverse teorie potrebbero essere 10-12-16 o addirittura 26.
Poveri noi, piccoli quadrati. Inutile ripetere che non abbiamo alcun senso atto a percepire queste dimensioni nè alcun mezzo per misurarle, rappresentarle o anche immaginarle. Penrose non esiterebbe a bollare queste teorie come "Teorie nuove dell'imperatore". Potremmo essere intrappolati in un mondo che non abbiamo la possibilità di capire. Le stesse stringhe sarebbero, secondo la teoria, non più grandi della misura di Planck (1,616x10-35 m). Prima di avere a disposizione uno strumento in grado di osservare qualcosa di così piccolo, i nipoti dei nostri nipoti saranno andati a finire in quel luogo che quattro miliardi e mezzo di uomini considerano un posto migliore.

Senza sensi, di quanta fede avremo bisogno per compiere il prossimo passo?


8 agosto 2009

6 agosto 2009

La banca nuova dell'imperatore.

Ok lo ammetto, non è farina del mio sacco. Questo titolo me lo ha suggerito Roger Penrose, un grande matematico, uno scrittore mediocre...

San Tommaso pensava che nelle cose vi fossero già impresse, per volere divino, le caratteristiche che le identificano, la loro forma, il loro colore, il loro scopo...
Feynman mi ha insegnato che è l'osservatore a determinare l'esistenza stessa di un evento.
Ho odiato San Tommaso e amato Feynman.
In tempo di guerra però, ogni buco è trincea e così per oggi proverò a prendere per mano S.Tommaso, per una passeggiata, una pizza, magari alla fine una sveltina sul sedile posteriore dell'auto.

Avete mai provato a mangiare con una forchetta? Immagino di si.
Sapete perchè ci si riesce bene? Perchè la forchetta è stata creata per mangiare. Se provaste a usare una forchetta per ripararvi dalla pioggia non otterreste mai dei buoni risultati. Mangiare con un ombrello poi...è proprio fuori discussione.
Penserete che nessuno possa essere così stupido da ripararsi sotto una forchetta o mangiare con un ombrello. In realtà c'è un sacco di gente che ha agito in maniera più stupida. Le conseguenze non si sono limitate a un brutto raffreddore o a un pasto saltato.

Le vacche sono state create per mangiare l'erba, hanno un apparato digerente poligastrico che riesce a utilizzare quasi completamente i foraggi, i microbi nei loro stomaci sono perfettamente creati per banchettare sull'erba. Un qualche genio, uno probabilmente abituato a ripararsi dalla pioggia sotto una forchetta, ha pensato, qualche anno fa, di nutrire le vacche utilizzando altre vacche al posto dell'erba. Le loro madri magari, o le loro sorelle, macellate, triturate e liofilizzate, servite nelle mangiatoia come Tito Andronico servì in pasto alla regina dei goti Tamora i di lei figli.
Tamora impazzì e morì dopo essersi resa conto di aver divorato i suoi figli, allo stesso modo le vacche iniziarono a impazzire. La loro pazzia si diffuse tra di loro e infine contagiò anche gli uomini.

Le banche sono state create con lo scopo di prendere denaro in prestito da chi ne aveva troppo e non sapeva cosa farne per prestarlo poi a chi non aveva denaro ma avrebbe saputo cosa farne. A qualcuno (spero non ad un allevatore di vacche) venne in mente di creare le banche di investimento. Le banche iniziarono a detenere enormi portafogli finanziari, a comprare titoli che poi rivendevano ai loro clienti, a vendere i crediti che vantavano nei confronti dei propri debitori ai debitori stessi, come vacche che mangiano vacche.
I risultati di questa splendida idea non si limitarono a un raffreddore. Nemmeno a un pasto saltato.
Quella che gli estranei al bar, gli amici, gli annunciatori televisivi, i giornalisti, gli opinionisti, chiamano CRISI è il risultato di quella splendida idea.
Le banche impazzirono come le vacche. Le quattro più grandi banche statunitensi Lemhan Brothers, Marrill Lynch, Bearn Sterns e Goldman Sasch erano sull'orlo del fallimento. Tre di queste banche furono lasciate fallire o "salvate a ribasso". La quarta, la Goldman Sasch fu salvata con un enorme investimento pubblico del governo. Uno dei dirigenti della Goldman, Hank Paulson era allora ministro delle finanze del governo Bush.

Ad oggi la Goldman ha restituito quel prestito pubblico, è la banca più redditizia del mondo, ha conseguito un guadagno netto di 3,44 miliardi di dollari nel solo ultimo trimestre.
Tutto questo "grazie" a una nuova straordinaria idea, il trading automatico.

Algorithmic trading lo chiamano gli analisti americani. In sostanza non sono più i manager a pianificare le strategie di investimento della Goldman ma un algoritmo e un computer capaci di effettuare centinaia di operazioni sulle piazze mondiali ogni secondo. Ognuna di queste operazioni frutta un minimo guadagno su una mole enorme di "conto capitale", sfruttando la maggiore reattività del processore rispetto agli investitori "tradizionali". Povero S.Tommaso, chissà come sarebbe triste di questi tempi. Non gli rimarrebbe che voltare la testa intorno, sperando di trovare almeno un bambino che abbia il coraggio di gridare che quel cazzo di imperatore è nudo. Prima che sia troppo tardi, prima che impazzisca tutto di nuovo.

Specchi

La stazione della metropolitana è densa di fumo. Sto in piedi a stento, retto dell’inerzia dei corpi accalcati intorno sulla banchina, più che dalla volontà delle mie gambe. Un pedone intrappolato su una scacchiera. Potrei fare solo un passo, solo in avanti. Tornare indietro ormai è fuori discussione. La sirena che annuncia il prossimo treno mi risveglia improvvisamente e per un attimo cerco di ricordare da quanto tempo è che non dormo davvero, sforzo inutile, non riesco a pensare a nient’altro che al fumo e a quei manifesti elettorali spiaccicati sul muro, al di là delle rotaie

Cinque anni fa quei manifesti non c’erano. Un’ordinanza aveva voluto degli specchi su quel muro grigiastro della metropolitana. Si pensava che fossero un deterrente per i suicidi, dopotutto chi avrebbe avuto il coraggio di uccidersi guardandosi in faccia. Una boccata di fumo mi arriva ai polmoni.

Il treno si ferma e, meccanicamente, i pedoni neri avanzano verso i bianchi e viceversa. Si specchiano gli uni negli altri senza neppure guardarsi in faccia. Nessuno anche volendo li potrebbe distinguere. Un passo gli uni e un passo gli altri, in pochi istanti i neri sono bianchi e i bianchi sono neri. Penso che non è il mio passo. La folla dei pedoni quasi mi travolge, ma con una forza che non credevo di avere, resto fermo sulla banchina e per un attimo è quasi come se il pensiero di poter compiere qualche altro movimento sulla scacchiera mi sfiorasse lusinghiero. E’ solo un momento. La scacchiera si riempie frettolosamente, aspettando la prossima partita. Avrei dovuto aspettare il prossimo treno, quello delle sei e quarantatre. Istintivamente gli occhi si muovono e cercano di bucare la cortina di fumo per arrampicarsi in su, fino all’orologio digitale fissato sul muro appena dietro la banchina. Il vetro è rotto. Trentasette gradi spariscono dal display lasciando spazio al segnale orario ma rimanendo appiccicati al fumo e ai miei pensieri. Sei e trentotto. Ho ancora un po’ di tempo.

-Ciao, di nuovo qui?-

E’ bellissima. Era bellissima. L’unica cosa a cui il fumo sembra non voler o non potersi attaccare. E’ così come la ricordavo quell’ultima volta in cui ci eravamo lasciati cinque anni prima, su questa stessa banchina, occhi neri e quella dolcezza che tanto mi aveva tormentato.

-Mi dispiace davvero. Non doveva andare in quel modo. Non dovevi essere qui.
Cos’hai?
Non dici niente?-

Ti amo. Avrei voluto averle detto solo questo. Non era necessario che fosse stato cinque anni fa su una fumosa banchina della metro. Mi sarebbe bastato farlo in qualsiasi altro momento. Quando ci eravamo visti per la prima volta nel viale dietro la trattoria del quartiere vecchio o dopo il primo bacio o ancora ogni giorno in cui mi ero svegliato accanto a lei. Dio come vorrei poterlo dire ora.

La sirena annuncia il treno delle sei e quarantatre. I pedoni sono fermi in attesa di fare il loro passo, ma il mio li anticipa, mentre mi rifletto un’ultima volta sugli specchi che non sono più lì.

Di nuovo insieme –Ti amo-.

5 agosto 2009

E' questione di misura (...di pioggia e ombrelli)

Sono passati ormai una decina di anni, da quando incontrai Hao fuori dall'istituto di economia in via Crescimbeni. Quel giorno pioveva.
Non era la prima volta che incontravo Hao o come lo chiamavano (e suppongo lo chiamino ancora) quasi tutti Mao Tze-Tung, anche se non era Mao Tze-Tung. L'avevo visto girovagare più di una volta per le strade del centro. Vendeva cani che si muovevano con la carica meccanica, braccialetti, accendini, altre cose. Quando pioveva Mao Tze-Tung vendeva ombrelli colorati. Semplicemente i cani sparivano e apparivano gli ombrelli.

Da via Crescimbeni alla mia vecchia casa, che avevo preso in affitto al borgo, sono 15 minuti a piedi, sembrano pochi, non tanto pochi sotto la pioggia battente. Gli ombrelli colorati costavano cinque mila lire, poco più di un pacchetto di sigarette, dire di no mi sembrava stupido.
Lo faccio avvicinare al portone dell'istituto di economia e finanza con un cenno della mano e per non sembrare banale...

-Hei, ma perchè ogni volta che piove tu vendi ombrelli?
Mi guarda senza nessuna particolare espressione, coperto da un ombrello giallo, al braccio penzola una scatola con altri ombrelli chiusi e infilati in preservativi colorati.
-Perchè?
-Non è perchè.
-E' insieme.
Prendo quello nero e gli allungo una carta da cinque.

Durante quella passeggiata di quindici minuti e per parecchi anni non pensai più a quella frase.
La prima volta che mi ritornarono alla mente quelle parole è stato quando, diversi anni dopo quel pomeriggio piovoso, Bart Kosko mi costrinse ad immaginare un cubo al centro del quale sedeva, nella piena posizione del loto, un Budda sorridente, mentre ad ogni spigolo c'era un Aristotele pensieroso.
Avevo incontrato Hao molto tempo prima di capire che il mondo era questione di misura, che la parte contiene l'intero, prima che il paradosso di Zenone si fosse sciolto come neve al sole. Il condizionatore che rinfresca la mia stanza in questo pomeriggio afoso funziona proprio grazie a Bart Kosko, funziona perchè il mondo è questione di misura.
Sono sicuro che Hao avesse tutto questo già chiaro di fronte al portone del dipartimento di economia, sotto la pioggia, coperto da un ombrello giallo. Non avrebbe saputo costruire il mio condizionatore, ma già sapeva perchè (insieme?) avrebbe funzionato.

La scorsa settimana in Italia è stata regolarizzata la prescrizione della pillola rue486.
Il mondo è questione di misura, perchè mai non dovrebbe esserlo l'aborto?
Riesco a immaginare come la penserebbe Kosko in proposito. Mi piacerebbe invece chiedere a Hao cosa ne pensa lui. Non lo farò, probabilmente non lo ritroverei per le vie del centro di Macerata anche cercandolo, è passato troppo tempo. Sarebbe comunque un gran bel modo per chiudere quel cerchio che ho iniziato a disegnare dieci anni fa, di fronte all'istituto di economia.
Quel giorno pioveva e si sa...che piova e che la gente compri ombrelli sono due cose che amano accadere insieme.

Intervallo continuo

Ho sempre trovato inutili le presentazioni.
A stento ricordo i nomi della gente che incontro. Se mi chiedessero di descrivere una sola faccia, tra quelle che ho incrociato nella metro di Parigi la scorsa settimana, non ci riuscirei. Sarebbe più facile provare a fissare l'esatta posizione di un punto lungo una retta, qualsiasi tipo di retta. A rimanerci addosso non sono le cose che tentiamo di ricordare, capita piuttosto l'opposto.

La dottoressa Susan Blackmore immagina i nostri ricordi, le nostre idee, i nostri racconti, come piccoli esseri viventi, come microbi o giù di lì. Questi strani esseri viventi da stasera hanno trovato un nuovo modo per riprodursi, non è come fare l'amore, almeno non è così che me li immagino mentre si moltiplicano. Li vedo ammassarsi come i punti sulla retta di prima, accalcati, senza abbastanza spazio per vivere eppure sempre più numerosi. Lo spazio sembrerebbe mancare... ma c'è. L'idea stessa dello spazio insufficiente è solo un altro punto, un'altra ameba o giù di lì, che si confonde con gli altri lungo la linea 2, tra Nation e Porte Dauphine.


Non ci saranno presentazioni questa notte. Soltanto un altro punto. A chi volete che possa nuocere, di spazio ce n'è tanto...