2 ottobre 2009

Libro del Presente -Parte Prima-

La Genesi

Ci crede a stento, di essere di fronte a quella porta. Piediripa di Macerata, a duecento metri dalla Cluentina, di fronte a un casolare che sembra abbandonato da un paio di secoli. Si stringe nel cappotto che fa veramente freddo in ottobre, d'inverno, a duecento metri dalla Cluentina.

Non può piovere per sempre! Tutto ha un inizio e una fine. Che siano cazzate te ne accorgi a Piediripa di Macerata. Lì, l'inverno non è una stagione, è un fatto. Non è mai cominciato, non finirà mai. Ogni anno si prende un mese e mezzo di vacanza per andare chissà dove, dal quindici giugno fino al primo temporale d'agosto. -Vi sono mancato?- E ci si mette la maglia, dopo il primo temporale d'agosto.

Che sia tutto al limite del ridicolo non è una scusa per non bussare a quella porta, ma passa ancora qualche attimo. -Toc, To...-
La porta nasconde un tizio balcanico, che a chiamarlo albanese è razzista, appena appena gobbo, jeans e maglione. Pochi capelli e tanti difetti in viso, che a chiamarli buchi sembra brutto, acne ancestrale probabilmente o qualche malattia balcanica.

- Entri pure signor Eugenio. -
- (Non ci credo) -
- Può darmi il cappotto. -
- (Si come no, che c'ho pure il telefono dentro. Dieci euro per le spese extra?) No grazie, lo tengo. -

Segue un corridoio scialbo, ma caldo, tre poster alle pareti, due sulla destra, l'altro a sinistra. Quei poster con i segni zodiacali e scrittine piccole sparse qui e lì, che nessuno le ha mai lette le scrittine, perchè mentre sfogli i raccoglitori plasticati appena fuori dagli autogrill non vuoi aguzzare lo sguardo, vuoi cercare la locandina di quel film o quel cantante, o quella modella.
Eugenio C. se l'era chiesto un sacco di volte chi potesse voler comprare i poster con i segni zodiacali. Un sacco si fa per dire, una o due, bene che vada. Ora lo sa.
Se li poteva comprare "La maga, sensitiva, lottologa (-Non ci credo-) Gabry". "Riceve a Piediripa di Macerata su appuntamento", diceva l'annuncio.

La stanza sulla destra, alla fine del corridoio, è abbastanza ampia. Sembra più ampia ancora perchè non c'è mobilio, un convettore troppo grande subito a destra della porta, un poster di anatomia (forse?) in fondo, un tavolino largo un metro, due sedie di cui una libera.
Non si può non notare il tavolino entrando in quella stanza. Un piano di truciolato ricoperto in plastica attaccato a quattro spilli di ferro, quadrato. Valore rigorosamente espresso in lire. Che dall'ultima volta che Eugenio C. aveva visto un tavolo del genere erano passati vent'anni, in un baretto sfigato di una frazione spersa nell'inverno maceratese.

-Buonasera signor Eugenio-
- (Non ci credo) Buonasera...ehm...signora Gabry.-
- Si metta comodo, non mordo.- e quello non era un sorriso, era più una fessura scura.

Su una sedia, adesso, c'è Eugenio C. , un tavolo di truciolato ricoperto di pastica lo separa da quella cosa lì, quella che occupa l'altra sedia, mentre il gobbo balcanico richiude la porta, rimanendo fuori dalla stanza.

Uno scheletro. Perfettamente ordinato, con tutte le ossa al loro posto ma pur sempre uno scheletro. Che non tragga in inganno quella pelle troppo larga che gli stava appiccicata sopra e nemmeno quella seconda pelle, improbabile come un vestito stretto e scuro, di un viola coperto di grigio. Alla fine delle maniche, dove c'era solo uno strato di pelle, c'erano perfino delle mani, con tre vistosi anelli di bigiotteria infilati intorno e delle carte, evidentemente troppo larghe, che stavano come incastrate tra le dita. Al di sopra del bavero del vestito c'era la testa. Che fosse di donna lo si intuiva dal rossetto fiammeggiante e dal trucco nero sugli occhi. I capelli, se mai ci fossero stati, erano raccolti sotto un fazzoletto rosso amaranto.

- (Non ci credo, davvero, non può essere che sia venuto fin qui) Signora...io...vede. Non sono mai, ecco, non ho mai chiesto auito a una...come lei. (Dio se sono stupido). -
E riecco la fessura - Stia tranquillo, non sono Vanna Marchi. Non sono una ladra e non sono nemmeno una truffatrice. Io riesco semplicemente a vedere quelo che le persone comuni sono troppo indaffarate per vedere.-
- (Certo come no, ora mi alzo e me ne vado, ora basta!) Senta..."
- Non mi guardi così, dopotutto è lei che ha telefonato. -
- Si lo so. Ed è stato un errore, mi spiace, devo andare. -
- No.
- (Cosa?) ...
- Mi scusi. Volevo dire... lasci che le legga i tarocchi, se poi vuole andarsene, io non vorrò nemmeno i suoi soldi. -
- (Facciamo in fretta, via da questo posto. In fretta.) Va bene signora, ma, onestamente non so nemmeno perchè sono qui. Lo so, ho chiamato io, ma vede... -
- Vuole sapere il passato o il futuro? -
- (Sarà come l'oroscopo, che male ci può essere. Facciamo in fretta.) Il futuro. Il passato ormai è passato. - Abbozza un sorriso Eugenio C.
- E' sicuro di conoscere il suo passato? -
- Si. -

Quanti errori si possono commettere pronunciando una frase di una sola parola, composta da una sola sillaba e due sole lettere?

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